mercoledì 11 ottobre 2017

Nanocanali artificiali: quando la biologia aiuta l'ingegneria


Ricordo ancora i pomeriggi passati sul mio libro di biologia del liceo, di cui conservo gelosamente una copia storica in ufficio: complice un professore di scienze non proprio chiarissimo nelle spiegazioni (in realtà mai si è capito perché insegnasse una disciplina per la quale non mostrava alcuna passione) e la totale assenza di equazioni, la materia mi sembrava affascinante, ma incomprensibile a tratti. In particolare c'erano passaggi logici che proprio non riuscivo a vedere: tipo la struttura primaria, secondaria, terziaria e quaternaria (!) delle proteine. Il libro infatti parlava di struttura primaria come struttura unidimensionale: intendeva la sequenza di amminoacidi, come per fortuna ho compreso dopo aver concluso il liceo, ma quel 15enne che sarebbe diventato il me stesso attuale (perdendo tantissimi capelli) era anche estremamente rigido sui concetti matematici e non riusciva proprio a far suo il concetto di una struttura in una dimensione! Per spiegare poi la relazione tra DNA, RNA e proteine, faceva esempi con i mattoncini LEGO che per me risultavano ancora più ostici: come facevano questi mattoncini ad autoassemblarsi formando le strutture ternarie (le uniche che capivo perché erano in tre dimensioni, secondo il libro) e soprattutto le maledette quaternarie? Ma poi una struttura quaternaria non sarà mica una ternaria che evolve nel tempo? Grande Giove!