La guerra contro l'HIV (virus da immunodeficienza umana) prosegue ormai dalla sua scoperta, avvenuta nel 1983, e dal collegamento scientificamente dimostrato tra il virus HIV e la sindrome da immunodeficienza acquisita, tristemente nota con la sua sigla inglese AIDS. Le terapie antiretrovirali, cioè che bloccano la replicazione del virus all'interno dell'organismo, hanno permesso di ottenere aspettative di vita che erano impensabili fino solo a 15 anni fa. Oggi, una diagnosi di sieropositività non è (più) una condanna a morte, ma una condanna ad assumere dei farmaci che possono avere anche effetti collaterali pesanti e però allungano molto (in linea di principio anche indefinitamente) il periodo tra il contatto con il virus e l'insorgenza della malattia. Naturalmente, a patto che il malato sia consapevole di aver contratto l'infezione, una ragione in più per sottoporsi ai test di sieropositività. La ricerca scientifica ha certamente fatto passi da gigante contro questa terribile malattia, terribile soprattutto per i Paesi più poveri del mondo, ma la guerra al virus dell'HIV è ben lontana dall'essere conclusa. La biofisica computazionale può essere un'arma?
