Nella mia erratica carriera in biofisica computazionale, mi sono spesso lasciato trascinare dalla curiosità. Sì, negli articoli scrivevo che quel particolare studio avrebbe potuto offrire nuovi punti di vista per comprendere un meccanismo di funzionamento di una proteina, ma non ci credevo poi tanto. Con la maturità ho cominciato a chiedermi: ma poi, alla fine, di questi dettagli con l'amminoacido X che fa un ponte salino con l'amminoacido Y, a chi importerà? Quale sarà il valore aggiunto? E' una domanda che ho anche posto spesso ai miei colleghi con una preparazione più specifica nelle scienze della vita: la risposta era sempre che comprendere i meccanismi molecolari avrebbe potuto aiutare a trovare dei farmaci, o a capire perché certi farmaci funzionano e altri no. Per un ipocondriaco come me, questa risposta mi restituiva il sorriso e stuzzicava la mia curiosità, che in realtà non ha bisogno di essere stuzzicata perché ha sempre dominato la mia vita, le mie scelte e le mie sfide. E meno male: altrimenti con le paure che ho, sarei rimasto fermo. Ma sto divagando. Il punto è che nei giorni scorsi ho avuto modo di riflettere sulla medicina di precisione e voglio riportare qui alcune delle mie osservazioni, nella speranza di averci capito qualcosa, ma soprattutto con il desiderio di confrontarmi su queste tematiche con chi ne sa più di me.