La didattica, diciamolo, è spesso vista come un fastidio nella vita di un docente universitario che fa anche ricerca: lezioni, esami, studenti svogliati, e soprattutto un’infinità di riunioni per rispondere a richieste sempre più bizzarre di un’amministrazione universitaria in piena sindrome burocratica. Eppure, per quanto sia legittimo lamentarsi della burocrazia, coordinare un corso di laurea richiede anche un certo impegno collettivo: evitare sovrapposizioni nei programmi, costruire percorsi coerenti tra gli insegnamenti, e impedire che gli studenti finiscano intrappolati in un patchwork didattico tutto da decifrare. Il mio arrivo a Trento è stato legato proprio all’idea di lanciare un corso di laurea magistrale in "Quantitative and Computational Biology" (QCB per gli amici). In questi anni, la laurea QCB ha fatto parecchia strada, adattandosi alle esigenze di una formazione in continua evoluzione. Una sfida per tutti noi: fisici, biologi, chimici, informatici, matematici... in un continuo ping-pong disciplinare con studenti che arrivano da background molto diversi. Ed è proprio grazie a questo dialogo che tutto è iniziato. Un giorno, il mio collega Alessandro Romanel mi ha detto: "Ma è vero che nel tuo corso simulano le mutazioni nelle proteine?". La risposta, per fortuna, era sì. E da lì è nata una collaborazione che ci ha permesso di ottenere una borsa di studio dalla Fondazione Pezcoller per un nostro studente (Fabio, in foto tra me e Alessandro) con cui abbiamo appena pubblicato un articolo sul Journal of Chemical Information and Modeling, di cui siamo entrambi molto orgogliosi.