venerdì 11 aprile 2025

EXO5, ovvero: come trasformare riunioni noiose in pubblicazioni scientifiche

La didattica, diciamolo, è spesso vista come un fastidio nella vita di un docente universitario che fa anche ricerca: lezioni, esami, studenti svogliati, e soprattutto un’infinità di riunioni per rispondere a richieste sempre più bizzarre di un’amministrazione universitaria in piena sindrome burocratica. Eppure, per quanto sia legittimo lamentarsi della burocrazia, coordinare un corso di laurea richiede anche un certo impegno collettivo: evitare sovrapposizioni nei programmi, costruire percorsi coerenti tra gli insegnamenti, e impedire che gli studenti finiscano intrappolati in un patchwork didattico tutto da decifrare. Il mio arrivo a Trento è stato legato proprio all’idea di lanciare un corso di laurea magistrale in "Quantitative and Computational Biology" (QCB per gli amici). In questi anni, la laurea QCB ha fatto parecchia strada, adattandosi alle esigenze di una formazione in continua evoluzione. Una sfida per tutti noi: fisici, biologi, chimici, informatici, matematici... in un continuo ping-pong disciplinare con studenti che arrivano da background molto diversi. Ed è proprio grazie a questo dialogo che tutto è iniziato. Un giorno, il mio collega Alessandro Romanel mi ha detto: "Ma è vero che nel tuo corso simulano le mutazioni nelle proteine?". La risposta, per fortuna, era sì. E da lì è nata una collaborazione che ci ha permesso di ottenere una borsa di studio dalla Fondazione Pezcoller per un nostro studente (Fabio, in foto tra me e Alessandro) con cui abbiamo appena pubblicato un articolo sul Journal of Chemical Information and Modeling, di cui siamo entrambi molto orgogliosi.
Alessandro è un informatico di formazione, con la bioinformatica come campo di ricerca. Sono stati i suoi metodi a permetterci di identificare un gene, EXO5, coinvolto nella riparazione del DNA e in alcune forme tumorali. Potete immaginarlo come un bibliotecario molecolare molto zelante, incaricato di mettere ordine quando il nostro DNA si aggroviglia come un piatto di spaghetti rovesciato.Ma come in ogni buon dramma, c'è sempre un colpo di scena: scopriamo infatti che non tutti i bibliotecari EXO5 sono creati allo stesso modo. L'analisi bioinformatica ci ha permesso di identificare un gruppo eterogeneo di cinque aplotipi comuni di EXO5 che sono diffusi in diverse popolazioni umane. Insomma, di EXO5 ce ne sono cinque tipologie, praticamente quasi identiche se non per piccole variazioni. La maggior parte di queste variazioni aplotipiche sono moderatamente interessanti, ma una in particolare ha catturato la nostra attenzione: questo bad boy, l'aplotipo 4, corrisponde a un singolo scambio di amminoacido: una leucina (L) che è stata scambiata, a livello di codice genetico, in una prolina (P) nella posizione 151. Per questo, è chiamato mutante L151P. Su L151P abbiamo quindi scatenato le nostre simulazioni di dinamica molecolare, dato che sembrava davvero la variante più capricciosa di EXO5.
Le nostre simulazioni hanno rivelato che questo singolo scambio causa significative differenze strutturali e dinamiche, in particolare nella cosiddetta regione catalitica della proteina, la parte che effettivamente permette a EXO5 di riordinare il DNA. Una parte cruciale di questa regione, chiamata elica α4, subisce quasi un completo collasso nel mutante L151P, perdendo la sua bella struttura elicoidale e trasformandosi in un ammasso un po' più disordinato. Come se una molla perfettamente avvolta che improvvisamente decide di averne abbastanza e di afflosciarsi. Non si tratta però di un dramma locale: questo pasticcio strutturale nell'elica α4 sembra essere innescato da una flessione in un'altra elica, la α5, dove però si trova esattamente la mutazione L151P. E' come se la proteina si fosse stirata un muscolo in un'area, e ciò avesse causato una reazione a catena di cattiva postura altrove, non so se vi è capitata questa fastidiosa esperienza...
Non ci siamo però fermati a guardare le proteine virtuali comportarsi male: l'approccio integrato che abbiamo messo a punto ci ha portati ad addentrarci nel tesoro di dati del The Cancer Genome Atlas (TCGA), una preziosa banca dati lanciato nel 2006 come progetto di ricerca su larga scala dal National Cancer Institute e dal National Human Genome Research Institute negli Stati Uniti. L'obiettivo del TCGA era proprio mappare le alterazioni genetiche coinvolte in diversi tipi di cancro, usando le tecnologie più avanzate di genomica, trascrittomica ed epigenomica. In questi anni, il TCGA ha raccolto e analizzato oltre 11.000 campioni tumorali (e relativi tessuti sani di controllo), provenienti da più di 30 tipi di tumori diversi. E, guarda un po', le persone che purtroppo portavano la variante L151P su almeno una copia del loro gene EXO5 hanno mostrato una sopravvivenza libera da progressione significativamente più breve nel carcinoma prostatico e pancreatico. Sembra che questo bibliotecario EXO5 difettoso non stia facendo un buon lavoro nel tenere in ordine i libri genomici, portando a una aumentata instabilità genomica.
Qual è dunque la morale di questa avventura computazionale? Beh, evidenzia la potenza del nostro approccio integrato, che combina analisi di dati genomici, predizioni di effetti di varianti tramite deep learning e simulazioni vecchio stile di dinamica molecolare, per scoprire gli impatti nascosti di variazioni genetiche apparentemente benigne. Dimostra anche che una piccola modifica a livello proteico può avere un effetto domino notevole, influenzando non solo la forma della proteina ma anche, potenzialmente, il corso di una malattia. Un po' come la scritta sul muro di Berlino qui a fianco: "molte piccole persone che in molti piccoli posti fanno molte piccole cose possono cambiare la faccia del mondo".
E per concludere, un pensiero per chi, tra i miei colleghi, vive con un certo sconforto le riunioni del corso di laurea: a volte, proprio da quelle attività “fastidiose” possono nascere le collaborazioni più fruttuose. Come ci insegna EXO5, anche le piccole variazioni, nei geni come nei rapporti umani, possono avere effetti importanti. Basta mettersi in ascolto con gli strumenti giusti e, magari, imparare non solo a parlarsi tra colleghi, ma anche ad ascoltarsi e, perché no, a volersi un po' bene.

Nessun commento:

Posta un commento