mercoledì 11 dicembre 2019

La luna blu

O meglio: blue moon, che, oltre ad essere il titolo di tantissime canzoni, è anche un'espressione che indica un particolare evento astronomico. Alcuni dicono che si tratti della quarta luna piena all'interno di una stagione, altri della seconda luna piena in un mese: in entrambi i casi l'evento si verifica ogni 2 anni e mezzo circa. Pare che in inglese il termine esista da circa 400 anni: per indicare che un evento è raro, si dice che accade una volta ogni luna blu, un po' come da noi si dice che qualcosa accade ogni morte di papa. Naturalmente una luna blu ha gli stessi colori di una qualunque altra luna osservata durante l'anno, anche perché il nostro satellite naturale è già abbastanza bizzarro e unico, ci mancherebbe anche questa ulteriore particolarità! Perché parlare di luna blu in questo mese di dicembre mentre tutti sono impegnati con la corsa ai regali? Beh, chi mi conosce sa che non ho mai amato il Natale e avrà pensato a un cortocircuito nel mio cervello per cui evidentemente speravo di renderlo un evento raro, come una luna blu: ecco, forse una volta ogni 2 anni e mezzo non mi dispiacerebbe... Tuttavia, il motivo è un altro: gli eventi rari sono la parte più avanzata del mio corso sulla biofisica computazionale (l'edizione 2019/20 si sta appunto per concludere) e rappresentano anche un campo di ricerca in continua evoluzione, in assoluto quello in cui nascono più metodi. E, aggiungo io, a volte sono più i metodi delle applicazioni (la nota polemica fa parte del mio spirito natalizio).
Gli eventi rari però sono davvero il sacro Graal della biofisica computazionale: ho già parlato nei post precedenti delle limitazioni nei metodi di simulazione molecolare, ovvero i tempi che sono sempre e comunque limitati, ma moooolto limitati. Talmente limitati che spesso sono parecchio al di sotto di quanto dovremmo aspettare per osservare un qualunque fenomeno biologico interessante, fosse anche un movimento di una regione di una proteina, per non parlare del suo corretto ripiegamento...
Questo fa sì che qualunque evento biologico sia, sulla scala temporale propria delle simulazioni, di per se stesso un evento raro e richieda lo sviluppo di metodi ad hoc, finalizzati ad accelerare l'esplorazione delle tantissime possibilità che ha una molecola biologica. Non a caso si parla di metodi di "enhanced sampling" che in italiano è tradotto come campionamento avanzato, ma sarebbe proprio un campionamento aumentato, un po' come la realtà aumentata di cui si sente parlare. Una grandissima parte delle nostre simulazioni infatti consiste in un'attesa, l'attesa che si realizzi quel particolare evento che vogliamo osservare: un cambiamento di conformazione in una proteina, l'aggregazione di due o più proteine, o il ripiegamento di una proteina. In natura, questi tempi non sono astronomici (si parla di secondi o minuti), ma dal punto di vista dei calcoli, richiederebbero davvero centinaia di anni, un tempo che evidentemente non possiamo permetterci, se non vogliamo fare la fine rappresentata nella fotografia qui sopra.
Ma perché dobbiamo aspettare tanto? In realtà, per poterlo comprendere, dovremmo introdurre il concetto di energia libera e, soprattutto, di profilo di energia libera. Si tratta di un oggetto che vive in uno spazio con un numero di dimensioni incredibile e quindi sarebbe difficile da immaginare, ma possiamo provare a immaginarlo semplicemente come un paesaggio con tante montagne, colline, pianure, vallate e buche, un po' come la provincia di Trento qui a lato. Le buche corrispondono esattamente agli stati di una particolare molecola che stiamo studiando: sono proprio quegli stati in cui la molecola passa la maggior parte del tempo, un po' come se fossero le città nel nostro paesaggio. Sappiamo che nelle città succedono cose interessantissime, ma dal punto di vista biologico non è propriamente così: in quegli stati la molecola passa la maggior parte del suo tempo, non facendo praticamente nulla, se non muoversi in continuazione a causa delle fluttuazioni termiche, ovvero della continua agitazione dovuta alla temperatura. Quello che ci interessa è proprio il passaggio da uno stato all'altro, il percorso che la molecola fa per passare da una città all'altra: perché ci interessa? Perché in alcuni casi ci interessa bloccarlo per evitare che la molecola sia coinvolta in un processo nocivo all'organismo, in altri magari vogliamo agevolarlo perché quel particolare processo può favorire un organismo. In pratica, il viaggio conta più della permanenza nelle città, come sa bene chi percorre un cammino a piedi!
Attenzione però: perché le molecole non camminano come noi, ma fanno un po' il gioco che si fa a Trieste nella famosa e bellissima Piazza Unità, qui a lato. Il gioco consiste nel lasciarsi bendare davanti alla fontana (sulla sinistra in fotografia) e camminare in linea retta verso le due aste alabardate che si trovano alla fine della piazza. La distanza tra le aste è di circa una ventina di metri e il percorso non sarà più lungo di 300 metri. Eppure, nessuno riesce a passare tra le due aste: quando tolgono la benda ci si ritrova nei luoghi più disparati, convinti però di aver proseguito in linea retta. Le molecole fanno esattamente questo: bendate, continuano a muoversi a casaccio, a causa dell'agitazione termica. Partono da una buca e devono trovare la strada verso un'altra buca, continuando a muoversi a caso: ogni tentativo richiede poco tempo, ma ci vuole un numero enorme di tentativi anche solo per uscire dalla buca. Tutto questo si traduce in secondi o minuti, nella realtà, ma in secoli di simulazioni.
Tuttavia, non siamo interessati a tutti i tentativi, ma solo a quelli che vanno a buon fine: in fondo, ci interessa il percorso, non quanti tentativi ci sono voluti per arrivarci. Ecco dunque l'idea: il gioco triestino riesce se ci sono degli amici (ma devono essere amici sobri) a dare qualche indicazione. Magari ogni tanto, in modo che il cammino sia il più libero possibile, ma eviteranno di farci tornare indietro (perché capita anche questo) o di farci allontanare troppo dalla meta. E' questa l'idea dei metodi di campionamento aumentato: trovare il modo di indicare a un sistema (simulato su un calcolatore, naturalmente) il percorso più probabile, con l'aiuto di alcune indicazioni. Queste indicazioni si chiamano coordinate di reazione (in genere le chiamano così i chimici) o variabili collettive (il nome preferito dai fisici, che nel solito impeto nerd che li caratterizza, hanno anche coniato il termine COLVAR, dall'inglese "collective variable"). Sulle COLVAR (eh sì, sono un fisico), mi riservo un post a parte, perché si tratta di un argomento complesso: per dirne una, la scelta delle COLVAR influisce sul modo in cui rappresentiamo il profilo di energia libera. Per dirne un'altra: le COLVAR sbagliate sono come i cattivi consigli: rischiano di farci scegliere un percorso che non ha nulla a che vedere con quello che la molecola compie in natura...
Tuttavia, anche quando le COLVAR sono state scelte con cura, non è detto che le cose funzionino benissimo. A pensarci bene, un cammino si caratterizza proprio per la sua lentezza: e solo con la lentezza si riescono ad apprezzare i dettagli di un percorso. Uno stesso percorso, a piedi o in auto, corrisponde a due viaggi completamente diversi: a piedi, è una continua scoperta, in auto è semplicemente un andare di fretta da un posto all'altro. Con le COLVAR funziona proprio così: ci permettono di osservare velocemente una transizione da uno stato all'altro, ma a volte passano attraverso le montagne, come se ci fossero delle gallerie che in natura non esistono. I dettagli si possono apprezzare solo con la giusta lentezza del processo: e i dettagli in biologia contano molto più che il quadro generale! Gli eventi rari quindi vanno accelerati, ma non troppo... A pensarci bene, anche l'amore è un evento raro: se abbiamo fretta di trovarlo, rischiamo di perderlo passandoci attraverso. E però una COLVAR quanto ci starebbe bene...
Ah, per curiosità la prossima luna blu, nel senso di seconda luna piena in un mese, è prevista per il 31 ottobre 2020: c'è da aspettare sì, ma non troppo.

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