Scrivo questo pezzo dopo un incontro che ho trovato molto stimolante, tenutosi qui a Trento presso la sala messa a disposizione dalla Fondazione Caritro. Scrivo qui perché da quando ho accettato la sfida, l'onore e soprattutto la responsabilità di dirigere un intero Dipartimento di Fisica, cerco sempre di mantenere un profilo piuttosto basso agli incontri ai quali devo presenziare o semplicemente partecipo per mio interesse, a meno che non mi sia chiesto esplicitamente di intervenire. Non mi riesce particolarmente difficile, anzi: in qualche modo è un bel tuffo nel passato, a quei primi 16 anni della mia vita in cui ascoltavo molto, riflettevo anche di più, ma parlavo poco o niente, dicendo sì e no soltanto quando mi interrogavano e annuendo ancora meno. Un po' come una mia petite madeleine dei libri di Proust, quel ricordo involontario evocato da un particolare odore, come quello delle piccole madeleine appena sfornate. E' con questo spirito proustiano che ho partecipato a questo incontro, volontariamente intenzionato a non parlare per nulla e ad ascoltare. Si trattava di un confronto tra donne con un solo uomo che però aveva partecipato a un interessante "bilancio di genere" per conto della Società Italiana di Fisica. L'organizzazione era in capo ad alcune studentesse dell'Associazione Italiana Studenti di Fisica, con la collaborazione del Dipartimento di Fisica e della Fondazione Caritro. Tema? La scienza non ha genere.
Non è la prima volta che sento parlare di questo tema e del perché le donne siano così poche nella cosiddetta area STEM (Scienze, Tecnologie, Ingegneria e Matematica). Il fatto è che la situazione in fisica assume contorni quasi drammatici. Le ragazze che scelgono di studiare fisica sono sempre poche, pochissime, con picchi che sporadicamente raggiungono il 30%, ma una media che resta ancorata al 15-20% con minimi (e Trento è decisamente fra questi) che scendono addirittura sotto il 10%. La prima domanda è: perché? Perché lo studio della fisica non sembra attrarre le ragazze? Il problema, come avevo già avuto modo di constatare in un incontro precedente in occasione del congresso della Società Italiana di Fisica, è esclusivamente culturale: se continuiamo a classificare microscopi e telescopi come giocattoli da maschio (sempre ammesso che decidiamo di comprarli) è chiaro che stiamo già tagliando fuori metà della popolazione senza che neanche abbia avuto la possibilità di mettersi alla prova con quegli strumenti o soltanto con la propria curiosità.
Chiunque abbia avuto un po' di tempo a disposizione da passare con figli, nipotini e bambini in generale sa bene che giocano con qualunque oggetto trovino interessante, senza classificare proprio nulla, tanto meno in giochi da maschio e da femmina. Cominciano a farlo perché i genitori li inducono a pensare che sia normale classificarli. Peraltro io sono un bambino degli anni '70 e ricordo, per esempio, che i Lego non avevano una classificazione. Erano Lego e basta: sì, forse ci giocavano di più i maschi, ma nessuna mamma avrebbe trovato strano che una bambina giocasse con i Lego e tantomeno lo trovavamo strano noi da bambini. Oggi esistono i Lego per bambini e quelli "Friends" per le bambine, che hanno anche i pezzi più grossi, non so, forse perché si pensa che solo i maschi siano abbastanza intelligenti da non ingoiare quelli piccoli? Ricordo negli anni '80 le prime distinzioni nelle uova di Pasqua: sorprese da maschio e sorprese da femmina. E via da lì: i quaderni da maschio e da femmina, come se una copertina rosa fosse diventata l'identità di genere. Assurdità sì, ma quelle assurdità derivavano dal marketing che aveva identificato nella disparità di genere una fonte di guadagno. Quelle assurdità fanno sì che le ragazze siano falcidiate nella loro, pur esistente, curiosità verso le materie scientifiche in generale e verso la fisica, in particolare.Si va avanti e già dalle medie comincia a manifestarsi quel luogo comune secondo il quale una ragazza dovrebbe interessarsi di più agli studi umanistici. Perché? Io me lo sono sempre chiesto. A quelle bambine che abbiamo perso si sommano le ragazze che perdiamo perché si è deciso che così deve essere. La motivazione pare sia nell'istinto naturale delle donne alla cura delle persone, che poi deriva ovviamente dalla convinzione che siano loro a doversi occupare della famiglia e dei lavori domestici. Convinzione che io ho sempre pensato derivi dalla comodità per gli uomini di non doversene occupare e non certo da un'attitudine naturale. La verità è che tutte le ricerche sul cervello umano hanno dimostrato che non esiste affatto una differenza tra cervello maschile e cervello femminile, in termini di predisposizioni o capacità cognitive. O meglio, qualunque differenza tra i cervelli sarebbe nulla di fronte alla variabilità del cervello umano in genere.
Comunque: abbiamo perso le bambine, abbiamo perso un bel po' di ragazze, alcune sono rimaste ostinatamente lì perché amano la matematica e le sue certezze. Arriva l'ultima tegola: se sei brava in matematica, allora è meglio scegliere di laurearti in matematica e non in fisica, perché con la matematica è più facile insegnare a scuola, un lavoro che è compatibile con la famiglia e la gestione della casa. Ancora. Vivo in casa da solo da ormai 22 anni: non sarò certo un angelo del focolare, ma riesco a gestirmi comunque e non ho mai visto arrivare l'ufficio di igiene, anche se ogni tanto qualche batuffolo di polvere mi saluta quando rientro a casa. Dopo tutte queste defezioni, quelle pochissime e coraggiose ragazze che si iscrivono a fisica, si trovano in schiacciante minoranza, circondate da ragazzi, con la paura di sbagliare che certamente riguarda tutti, ma che in fisica fa parte del processo educativo. Chiunque studi fisica sa che gli errori fanno parte del gioco, anzi: un bravo fisico, una brava fisica, si riconoscono proprio dalla capacità (che non è certo innata, si sviluppa nel tempo) con cui affrontano gli errori, reagiscono ai fallimenti dei loro calcoli (pur così sicuri) e correggono, facendo errori più piccoli, ma consapevoli che gli errori ci sono sempre. Nel primo corso di laboratorio, una gran parte del programma è dedicata all'analisi degli errori, anche se non si tratta degli errori nei calcoli a cui mi stavo riferendo.
Il problema è che se sei una ragazza che è sopravvissuta al bombardamento mediatico che ti vuole interessata soltanto ai trucchi, ai bei vestitini e alla spasmodica ricerca del fidanzato con cui costruire una casa che poi dovrai accudire tu, arrivi lì con un intero mondo che ti sta dicendo che stai sbagliando strada, fai i tuoi primi errori negli esercizi di fisica generale I, perché ci sta che non si capisca quale sia il punto più conveniente in cui mettere il polo per calcolare i momenti, ci sta che salti un fattore due nei calcoli e vengano velocità negative... e sbam: ti senti sbagliata, nel posto sbagliato, lasciata lì a rotolarti nei tuoi sbagli. Sei in minoranza e sei chiamata a resistere, ancora una volta. E questo soltanto per spiegare le poche iscrizioni e le poche laureate in fisica.
C'è poi la componente, prevalentemente italiana, di quello che io chiamo il "ricatto finale": il posto fisso in ambito universitario in Italia non arriva prima dei 35 anni e la precarietà non ti permette di chiedere un mutuo per comprarti una casa (di cui naturalmente dovrai occuparti tu in quanto donna), ma soprattutto ti rende molto difficoltosa l'idea che tu possa permetterti una gravidanza. Anche perché se sei una fisica in piena carriera di ricerca, probabilmente sei in giro e quindi non avresti neanche i nonni a prendersi cura di un eventuale bambino. Resti single o finisci per accompagnarti con altri fisici da cui ti senti un po' più compresa, ma ai 35 anni l'orologio biologico comincia a importi il ricatto: figli o carriera accademica? L'ultimo grande ostacolo. Risultato? Nel mio dipartimento, contando il personale in servizio (non quello in congedo), in fisica abbiamo 36 uomini e 1 donna fra il personale docente a tempo indeterminato. Altri sei sono ricercatori di tipo B e quindi diventeranno docenti a tempo indeterminato entro due anni circa, per cui alla fine del mio mandato saremo 40 fisici uomini (ci sarà qualche pensionamento) e una sola fisica donna. Mi sono informato su altri dipartimenti in Italia e la situazione è un po' meno drammatica, ma comunque pesante. Probabilmente c'è un'ulteriore componente trentina, dovuta al fatto che qui risulta faticosa la ricerca di un lavoro per un/una partner, anche perché non ci sono città grandi nelle vicinanze, o grossi poli industriali.
Chiunque abbia avuto un po' di tempo a disposizione da passare con figli, nipotini e bambini in generale sa bene che giocano con qualunque oggetto trovino interessante, senza classificare proprio nulla, tanto meno in giochi da maschio e da femmina. Cominciano a farlo perché i genitori li inducono a pensare che sia normale classificarli. Peraltro io sono un bambino degli anni '70 e ricordo, per esempio, che i Lego non avevano una classificazione. Erano Lego e basta: sì, forse ci giocavano di più i maschi, ma nessuna mamma avrebbe trovato strano che una bambina giocasse con i Lego e tantomeno lo trovavamo strano noi da bambini. Oggi esistono i Lego per bambini e quelli "Friends" per le bambine, che hanno anche i pezzi più grossi, non so, forse perché si pensa che solo i maschi siano abbastanza intelligenti da non ingoiare quelli piccoli? Ricordo negli anni '80 le prime distinzioni nelle uova di Pasqua: sorprese da maschio e sorprese da femmina. E via da lì: i quaderni da maschio e da femmina, come se una copertina rosa fosse diventata l'identità di genere. Assurdità sì, ma quelle assurdità derivavano dal marketing che aveva identificato nella disparità di genere una fonte di guadagno. Quelle assurdità fanno sì che le ragazze siano falcidiate nella loro, pur esistente, curiosità verso le materie scientifiche in generale e verso la fisica, in particolare.Si va avanti e già dalle medie comincia a manifestarsi quel luogo comune secondo il quale una ragazza dovrebbe interessarsi di più agli studi umanistici. Perché? Io me lo sono sempre chiesto. A quelle bambine che abbiamo perso si sommano le ragazze che perdiamo perché si è deciso che così deve essere. La motivazione pare sia nell'istinto naturale delle donne alla cura delle persone, che poi deriva ovviamente dalla convinzione che siano loro a doversi occupare della famiglia e dei lavori domestici. Convinzione che io ho sempre pensato derivi dalla comodità per gli uomini di non doversene occupare e non certo da un'attitudine naturale. La verità è che tutte le ricerche sul cervello umano hanno dimostrato che non esiste affatto una differenza tra cervello maschile e cervello femminile, in termini di predisposizioni o capacità cognitive. O meglio, qualunque differenza tra i cervelli sarebbe nulla di fronte alla variabilità del cervello umano in genere.
Comunque: abbiamo perso le bambine, abbiamo perso un bel po' di ragazze, alcune sono rimaste ostinatamente lì perché amano la matematica e le sue certezze. Arriva l'ultima tegola: se sei brava in matematica, allora è meglio scegliere di laurearti in matematica e non in fisica, perché con la matematica è più facile insegnare a scuola, un lavoro che è compatibile con la famiglia e la gestione della casa. Ancora. Vivo in casa da solo da ormai 22 anni: non sarò certo un angelo del focolare, ma riesco a gestirmi comunque e non ho mai visto arrivare l'ufficio di igiene, anche se ogni tanto qualche batuffolo di polvere mi saluta quando rientro a casa. Dopo tutte queste defezioni, quelle pochissime e coraggiose ragazze che si iscrivono a fisica, si trovano in schiacciante minoranza, circondate da ragazzi, con la paura di sbagliare che certamente riguarda tutti, ma che in fisica fa parte del processo educativo. Chiunque studi fisica sa che gli errori fanno parte del gioco, anzi: un bravo fisico, una brava fisica, si riconoscono proprio dalla capacità (che non è certo innata, si sviluppa nel tempo) con cui affrontano gli errori, reagiscono ai fallimenti dei loro calcoli (pur così sicuri) e correggono, facendo errori più piccoli, ma consapevoli che gli errori ci sono sempre. Nel primo corso di laboratorio, una gran parte del programma è dedicata all'analisi degli errori, anche se non si tratta degli errori nei calcoli a cui mi stavo riferendo.
Il problema è che se sei una ragazza che è sopravvissuta al bombardamento mediatico che ti vuole interessata soltanto ai trucchi, ai bei vestitini e alla spasmodica ricerca del fidanzato con cui costruire una casa che poi dovrai accudire tu, arrivi lì con un intero mondo che ti sta dicendo che stai sbagliando strada, fai i tuoi primi errori negli esercizi di fisica generale I, perché ci sta che non si capisca quale sia il punto più conveniente in cui mettere il polo per calcolare i momenti, ci sta che salti un fattore due nei calcoli e vengano velocità negative... e sbam: ti senti sbagliata, nel posto sbagliato, lasciata lì a rotolarti nei tuoi sbagli. Sei in minoranza e sei chiamata a resistere, ancora una volta. E questo soltanto per spiegare le poche iscrizioni e le poche laureate in fisica.
C'è poi la componente, prevalentemente italiana, di quello che io chiamo il "ricatto finale": il posto fisso in ambito universitario in Italia non arriva prima dei 35 anni e la precarietà non ti permette di chiedere un mutuo per comprarti una casa (di cui naturalmente dovrai occuparti tu in quanto donna), ma soprattutto ti rende molto difficoltosa l'idea che tu possa permetterti una gravidanza. Anche perché se sei una fisica in piena carriera di ricerca, probabilmente sei in giro e quindi non avresti neanche i nonni a prendersi cura di un eventuale bambino. Resti single o finisci per accompagnarti con altri fisici da cui ti senti un po' più compresa, ma ai 35 anni l'orologio biologico comincia a importi il ricatto: figli o carriera accademica? L'ultimo grande ostacolo. Risultato? Nel mio dipartimento, contando il personale in servizio (non quello in congedo), in fisica abbiamo 36 uomini e 1 donna fra il personale docente a tempo indeterminato. Altri sei sono ricercatori di tipo B e quindi diventeranno docenti a tempo indeterminato entro due anni circa, per cui alla fine del mio mandato saremo 40 fisici uomini (ci sarà qualche pensionamento) e una sola fisica donna. Mi sono informato su altri dipartimenti in Italia e la situazione è un po' meno drammatica, ma comunque pesante. Probabilmente c'è un'ulteriore componente trentina, dovuta al fatto che qui risulta faticosa la ricerca di un lavoro per un/una partner, anche perché non ci sono città grandi nelle vicinanze, o grossi poli industriali.
Nel bilancio di genere stilato dalla Società Italiana di Fisica però emerge un fatto ancora più curioso, anche se decisamente rassicurante per chi si occupa di Biofisica Computazionale. Avevo già notato che ai congressi di biofisica la schiacciante supremazia del fisico maschio alfa non c'è: forse è uno dei motivi per cui mi piace questo ambito, non lo so. L'ho trovato sempre un po' più inclusivo e questo mi ha permesso di sentirmi a mio agio o forse semplicemente mi ha permesso di evitare quelle odiate lotte testosteroniche tipiche dei gruppi a maggioranza netta maschile (peraltro anche i gruppi di sole donne sono parecchio aggressivi). Ebbene, anche nel bilancio di genere della Società Italiana di Fisica emerge questa conferma: in alcune edizioni del congresso annuale della Società alcune sezioni hanno registrato una prevalenza (a volte anche netta) femminile. Si tratta principalmente della sezione 5 (Biofisica e Fisica Medica) e della sezione 7 (Didattica e Storia della Fisica). Il motivo? Anche qui: per la didattica sembra che ci siano più ragazze che hanno scelto quell'ambito nella convinzione di poter ottenere un posto a scuola e quindi sottrarsi al peccato originale di non volersi occupare della cura familiare. Per la sezione 5 invece si parla di settori della fisica legati comunque alla cura delle persone: insomma, se sei donna e sei in quel settore, forse è perché sei rimasta single senza figli e hai deciso di dedicarti a curare gli altri. O magari hai deciso di farlo perché sei donna e quindi, nel perseguire questo obiettivo, hai scientemente valutato che valesse la pena restare single e non avere figli. Oppure magari non hai studiato fisica: vieni da biologia, dove ti sei iscritta perché avevi paura della matematica, ma poi hai scoperto che per poterla capire davvero, la fisica era importante. Però sei biologa e i tuoi genitori non ti guarderanno come una stranissima papaya in un campo di carciofi. Di fatto però la biofisica è un settore fortunato della fisica, in cui la parità di genere non è così distante, possiamo farcela, quindi facciamolo!
Cosa fare per colmare il divario, sanare questa ingiustizia non solo nei confronti delle ragazze, ma soprattutto nei confronti della fisica? Le proposte sono tante, ma dobbiamo partire dalle bambine e dobbiamo fare la nostra parte, come genitori, zii e nonni. Se ci sono regali da maschietti e femminucce, magari non compriamoli a meno che davvero quegli occhietti vispi non ce li chiedano. E facciamo in modo che la curiosità innata dei bambini e delle bambine sia sempre incoraggiata e mai ostacolata, tollerata o guardata con preoccupazione. La fisica nasce dalla curiosità, non dimentichiamolo: e la curiosità non conosce genere, forse non conosce addirittura specie.
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