Settembre è da sempre il mio mese preferito: il caldo si fa meno opprimente, i colori dell'autunno rendono tutto magico, le spiagge sono poco affollate, sparisce quella smania collettiva del “bisogna divertirsi per forza”. Soprattutto settembre profuma dell'odore di stampa dei libri nuovi, della cartella da sistemare e tutto evoca quel magnifico momento della vita in cui la domanda era "ma quale diario compro quest'anno?". Di tutto questo, da bambino, ma soprattutto da ragazzo, mi entusiasmava aprire i libri del nuovo anno e cercare di capire cosa avrei studiato. Con una curiosità che era quasi morbosa, ma io di questa curiosità vado talmente fiero che anche oggi che scavallo allegramente la mezza età, è lei che porta avanti me, e con lei affronto il nuovo anno accademico, il decimo da quando insegno all’Università di Trento. Ho pensato quindi, questo mese, di condividere le sfide che voglio affrontare con quel solito mix letale tra terrore puro e voglia di mettermi in gioco che poi mi spinge a lanciarmi senza neanche un briciolo di rimorso e ad arrivare in fondo con un pizzico di divertimento.
Il corso di Computational Biophysics spegne dieci candeline. Nato a Bari e poi trasferito a Trento (esattamente come me), Il corso è offerto per gli studenti di Biologia Quantitativa e Computazionale e per gli studenti di Fisica. Quest'anno però avrà una novità: la modalità blended. Un terzo delle lezioni sarà online, con video brevi che gli studenti commenteranno tramite esercizi e un “diario di bordo” condiviso con me in cui dovranno riportare cosa hanno capito, cosa non hanno capito, cosa sapevano già e cosa non sapevano. Non sono un influencer (e mai lo diventerò), quindi so già che tra un anno guarderò questi video e mi faranno tenerezza… ma intanto ci provo. L'idea è che in questo modo gli studenti con un background in biologia potranno prendersi il loro tempo per recuperare quei concetti che magari non hanno approfondito nei loro studi precedenti, mentre gli studenti che provengono dal corso di laurea in fisica faranno un ripasso, così da arrivare in aula pronti a discutere e spingersi verso tecniche più avanzate.
Anche perché il libro di testo che utilizzo è del 2010 e in questo campo praticamente non è preistoria, ma fa già un po' rinascimento. I dubbi sono tanti, ma ho pensato che questa metodologia potesse offrire dei vantaggi, oltre a farmi impratichire con dei mezzi che nei prossimi anni diventeranno sempre più utilizzati. Come dico sempre, il progresso tecnologico è come un’onda: se resti fermo ti travolge, se sali sulla tavola puoi anche divertirti. E io, che ho imparato tardi a nuotare, non ho certo paura di cadere in acqua (a meno che non ci siano squali affamati).
Le novità però non finiscono qui: il mio secondo corso quest'anno è quello di Fisica Generale per Scienze e Tecnologie Biomolecolari. Qui mi sono ispirato ad alcune indicazioni contenute in un documento molto interessante del 2001 a cura della National Academies Press degli Stati Uniti. All'inizio del nuovo millennio era ormai chiaro che la biologia stava davvero attraversando un momento di profonda trasformazione. Pertanto si è cercato di fornire indicazioni per formare i biologi del terzo millennio: in modo un po' ottimistico (ma è sempre così quando si parla di innovazioni didattiche) il documento si chiama BIO2010: Transforming Undergraduate Education
for Future Research Biologists.
Chiaramente molte di quelle indicazioni non sono state realizzate entro il 2010 neanche negli Stati Uniti, figuriamoci nella nostra inerziale Italia. Ci vuole tempo, ma ci vuole anche entusiasmo per ottenere la spinta necessaria per rendere operative indicazioni che permettano di fare un passo importante in un ambito così interdisciplinare.
Chiaramente molte di quelle indicazioni non sono state realizzate entro il 2010 neanche negli Stati Uniti, figuriamoci nella nostra inerziale Italia. Ci vuole tempo, ma ci vuole anche entusiasmo per ottenere la spinta necessaria per rendere operative indicazioni che permettano di fare un passo importante in un ambito così interdisciplinare.
Uno dei temi è proprio l'importanza della fisica in biologia: non più uno scoglio da superare, ma strumento fondamentale nella consapevolezza che sia la strumentazione che i modelli in uso in biologia necessitano della comprensione della fisica esattamente come i corsi di ingegneria, anzi forse di più. Non credo di essere in grado di arrivare fin lì, ma ho deciso comunque di accettare anche questa sfida e di rendere questo corso più adatto alle esigenze dei futuri scienziati biomolecolari, inserendo anche argomenti che normalmente non sono presenti nei programmi di fisica generale, come ad esempio alcuni principi di meccanica statistica, la diffusione e l'elettromagnetismo con l'ottica fisica. Seguendo le indicazioni del BIO2010 avrei voluto anche inserire qualche nozione di meccanica quantistica, ma ho deciso che, almeno per quest'anno, cerco di capire come va con queste prime piccole modifiche. Per esperienza so che bisogna partire sempre un passo alla volta, anche per poter valutare se l'approccio utilizzato funziona o meno dal punto di vista didattico. La modalità di lezione sarà anche un po' diversa: alternerò lezioni tradizionali a lezioni in Team Based Learning (che avevo già sperimentato negli anni passati), con una pianificazione attenta. Vedremo cosa riuscirò a realizzare, ma spero davvero di poter aiutare i biologi del terzo millennio a usare la fisica come alleata.
Non finisce qui: il nostro Ateneo organizza delle Winter e Summer Schools per studenti internazionali. Cerco di proporre una scuola dal nome "Physics of the Cell" con decorrenza triennale. Quindi, dopo le edizioni 2020 e 2023 di cui ho già parlato in questo blog, avremo ora l'edizione 2026, dove sperimenterò un approccio meno nozionistico e più partecipativo con la modalità del Challenge Based Learning. Ogni giornata sarà dedicata a un argomento specifico (fisica della visione, tecniche sperimentali, fisica statistica in biologia, simulazioni di biomolecole, biofisica per la medicina) con una lezione più teorica (e breve) al mattino, seguita da una più pratica e una sessione di lavoro di gruppo con dei pitch (brevi presentazione) sulle tematiche presentate. Gli studenti potranno utilizzare tutti gli strumenti possibili, inclusi quelli di intelligenza artificiale generativa, per esplorare gli argomenti proposti: l'idea è che questi strumenti non vanno demonizzati, ma è necessario capire come usarli con una coscienza critica, in modo che siano un aiuto alla nostra intelligenza naturale e non una sostituzione (peraltro impossibile).
E ancora: quest’anno parteciperò all’ECIU Leadership Development Programme, un percorso internazionale unico che da quasi vent’anni forma i futuri leader delle università europee. Il programma di questa ventesima edizione combina seminari intensivi in diverse sedi (Linköping, Kaunas e Bruxelles) con attività di gruppo su progetti di Challenge Based Learning. L’obiettivo è sviluppare competenze di leadership personale e strategica, approfondire le principali politiche europee in materia di istruzione superiore e confrontarsi con colleghi provenienti da contesti e ruoli diversi all’interno delle università. Non so se ne uscirò un leader migliore, ma di sicuro tornerò con nuove idee, nuovi colleghi e nuove curiosità da condividere.
Insomma, settembre non porta più l’odore dei libri freschi di stampa (il migliore rimane quello di storiografia, imbattibile), ma porta con sé lo stesso entusiasmo di sempre. Curiosità, onde da cavalcare, qualche rischio da correre e tanta ma proprio tanta voglia di imparare. Qualunque sia l'età.
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