sabato 11 ottobre 2025

La vita spiegata dalla fisica: cosa ci dicono le costanti fondamentali sui batteri (e forse sugli alieni!)

Vi siete mai chiesti se le stesse leggi che governano le stelle e le montagne possano anche dirci quanto velocemente si duplica un batterio? Sì, sembra un salto nella fantascienza, ma c’è chi ci sta già provando. Negli anni ’70, il fisico Victor Weisskopf lanciò un’idea audace: spiegare le proprietà della materia usando solo poche costanti fisiche fondamentali. Con queste riuscì a fare stime plausibili dell’altezza massima delle montagne sulla Terra e su Marte. Ma mancava un tipo di materia: la vita. Proprio su questo vuoto si inserisce il recente articolo “What do the fundamental constants of physics tell us about life?” di Pankaj Mehta e Jane Kondev. I due autori estendono l’approccio in stile Weisskopf ai sistemi viventi, dimostrando che proprietà vitali di auto-replicatori chimici – come resa di crescita, tempo minimo di duplicazione e potenza minima in dormienza – possono essere stimate da costanti fisiche universali. 
Da un punto di vista fisico, la vita è materia auto-organizzata fuori dall’equilibrio. In parole povere: è roba che combatte costantemente contro il caos, usando energia per mantenersi ordinata e per… copiarsi. Il biochimico Albert Szent-Györgyi, premio Nobel e re delle metafore, la mise giù semplice: “La vita non è altro che un elettrone ad alta energia in cerca di un posto dove riposare.” Romantico, vero? Certo, mancano l’evoluzione, il DNA, l’ecosistema e tutto il resto, ma questa frase coglie un punto essenziale: la vita deve obbedire alle leggi della fisica. E proprio per questo possiamo provare a fare ciò che Weisskopf non fece: usare la fisica per stimare i limiti fondamentali della vita stessa. 
Se combiniamo un po’ di analisi dimensionale, termodinamica e una spruzzata di chimica fisica, possiamo arrivare a stimare proprietà universali dei sistemi viventi. Ecco le tre che raccontano meglio la storia. Partiamo dalla resa di crescita, che chiamerò Y: quanto "cibo" è necessario per formare nuova materia vivente? O, più rigorosamente, Y misura quanta biomassa (in grammi) si ottiene per ogni ogni Joule di energia consumata. Esperimenti su molti microrganismi danno valori attorno a circa 10-4 g/J. Sorprendentemente, la fisica prevede una scala universale, la costante di assemblaggio chimico, che chiameremo Yc. Yc è approssimativamente pari a 8·10-7 g/J e dipende solo dalla composizione chimica della vita, non dalla sua forma o dimensione. Per gli organismi a base di carbonio (come noi, e praticamente tutto ciò che conosciamo finora), le stime teoriche oscillano tra 3·10-5 g/J e 3·10-4 g/J, cioè esattamente dove si trovano i dati sperimentali: un punto per la fisica!
Ecco ora la seconda proprietà universale dei sistemi viventi: il tempo minimo di duplicazione, ovvero quanto in fretta si può raddoppiare? Chiamiamo questo tempo Tmin. Un batterio come l'Escherichia coli può duplicarsi in appena 20 minuti, mentre alcuni organismi estremofili che vivono in condizioni estreme (da cui il nome) chilometri sotto il fondo dell’oceano impiegano anni. La fisica distingue due scenari: nel primo, parliamo di replicatori veloci, ovvero limitati solo dalla cinetica, nel senso che la velocità di divisione è fissata da quanto rapidamente le reazioni chimiche possono avvenire. Qui entra in gioco la costante di reazione kmax, che dipende esponenzialmente dall’energia di attivazione ∆E. Piccole variazioni in ∆E corrispondono a enormi differenze nei tempi di duplicazione. Ad esempio, Vibrio natriegens, il batterio più veloce del mondo, con i suoi 10 minuti di duplicazione, è praticamente un centometrista del microcosmo. Ci sono poi i cosiddetti replicatori lenti, ovvero limitati dall'energia. Questi sono tipici in ambienti poveri di nutrienti, come la crosta oceanica. In questi ambienti, l’energia rappresenta il vero collo di bottiglia nel cammino verso la duplicazione. Applicando le leggi della termodinamica, si ottengono tempi di divisione tra 1 e 100 anni, in ottimo accordo con ciò che osserviamo. Non è pigrizia: è pura fisica.
Veniamo ora alla terza proprietà universale: quanto costa continuare a vivere, ovvero evitare di morire? Usando un termine più rigoroso, la chiameremo potenza minima in dormienza o Pmin. Anche le cellule “addormentate” devono spendere energia per mantenere la loro struttura e, soprattutto, il potenziale di membrana. Il sempre mitico Erwin Schrödinger lo diceva chiaramente: “La vita si nutre di entropia negativa”. In altre parole, la vita paga una tassa costante per rimanere ordinata. Fluttuazioni termiche aprono continuamente micro-pori nella membrana, e per richiuderli serve energia. Le stime fisiche dicono che servono circa 3·10-15 Watt/cellula. Questo valore è paragonabile alle misurazioni recenti, che stimano un tasso di consumo energetico di circa 30.000 molecole di ATP al secondo anche per una cellula in “riposo profondo”. Altro che letargo! 
In conclusione, la vita, proprio come ogni altra forma di materia, è soggetta alle leggi della fisica. Questi argomenti qualitativi suggeriscono che l'evoluzione, pur essendo incredibilmente creativa, è costretta da vincoli fondamentali derivanti dalla meccanica quantistica e dalla termodinamica. E la cosa più affascinante? Questi vincoli dovrebbero essere applicabili anche alla vita su altri pianeti! Ovunque la vita esista, dovrà rispettare le stesse proporzioni fondamentali tra energia, tempo e materia. Le espressioni teoriche fanno una previsione forte sulla variabilità: la resa di crescita Y è la proprietà più vincolata e meno variabile degli auto-replicatori chimici (terrestri ed extraterrestri), una specie di "marchio di fabbrica" universale della vita. Il tempo minimo di duplicazione Tmin e la potenza minima in dormienza Pmin sono molto più variabili perché dipendono esponenzialmente da piccole variazioni nelle energie di attivazione (un fenomeno che non si verifica per Y), ma sempre entro i confini fissati dalle costanti fondamentali.  La prossima volta che guarderete l'immagine di una cellula al microscopio, pensateci: dietro ogni mitosi, ogni enzima e ogni respiro, c’è la stessa fisica che regge le stelle. E non c'è ragione di credere che sia diversa su altri pianeti: è solo tremendamente improbabile riuscire a scoprirla, ma chissà... il nostro Sistema Solare potrebbe rivelare delle sorprese!

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