mercoledì 11 gennaio 2017

Cominciamo: di cosa si tratta?


Questa è la classica domanda che ricevo ogni volta che dichiaro la mia tematica di ricerca: Biofisica Computazionale. Faccia interessata: "ah, cioè? di che si tratta?" In parole che a me sembrano povere di solito rispondo: "Utilizzo la fisica e i computer per cercare di capire come funziona la biologia". Di fatto è la definizione più semplice che negli anni ho perfezionato. Sono però consapevole che non è una definizione del tutto corretta, sicuramente molto poco accademica. Tuttavia è proprio questo l'obiettivo di questo mio blog: cercare di raggiungere un pubblico che non sia quello strettamente accademico al quale di solito mi rivolgo. Perché ritengo che sia giusto, che sia bello, che sia anche un mio dovere, dato che sono stato chiamato presso l'Università di Trento in qualità di professore associato proprio per disegnare e gestire un corso in Biofisica Computazionale, che spero possa essere un riferimento per l'Italia e chissà... niente accade se non c'è prima un sogno...
Il corso comincerà proprio in questo 2017, in lingua inglese, e sarà rivolto principalmente agli studenti del Corso di Laurea Magistrale in Biologia Quantitativa e Computazionale (unico in Italia, al momento), ma conto che possa essere scelto anche dagli studenti della Laurea Magistrale in Fisica.
E' il primo post e ho una tale quantità di cose che vorrei dire, che non so neanche da dove cominciare: parto quindi dicendo che sono un fisico, per di più un fisico teorico (almeno come formazione) e quindi il mio punto di vista sarà necessariamente quello di un fisico. Di un fisico che però ha subito il fascino sottile della biologia, soprattutto dei suoi meccanismi che sembravano imperscrutabili e che invece sono diventati sempre più comprensibili a causa degli enormi progressi compiuti in campo sperimentale.
Da questo punto di vista, la biologia sta subendo un processo che è toccato anche ad altre scienze nel passato: la tecnologia ha consentito di progettare, condurre e controllare esperimenti sempre più precisi, sempre più ripetibili. Questo ha portato ad una sua progressiva quantificazione, il che ha quindi richiesto l'ingresso di ricercatori che con i numeri avessero una certa dimestichezza. Non è per difesa di categoria, ma in questo ritengo che i fisici abbiano da sempre una marcia in più: i numeri ci piacciono, ma non ne abbiamo la venerazione riservata ai Gran Sacerdoti della Matematica (per me sempre maiuscola). Noi li usiamo, li pieghiamo al nostro volere, per noi sono strumenti per indagare, ma soprattutto per comprendere la natura.
In questo blog cercherò quindi di spiegare quello che cerchiamo di realizzare in questo ambito di ricerca, prendendo spunto da qualche articolo originale di ricerca, da qualche nuova scoperta o semplicemente da qualche approfondimento relativo ad uno dei miei progetti. Non sarà un compito facile per cui spero di poter progredire con il tempo e con il vostro aiuto.
Rappresentazione artistica della catena a doppia elica del DNA (logo del Corso di Laurea in Biologia Quantitativa e Computazionale dell'Università degli Studi di Trento)

L'immagine che trovate a corredo di questo post è proprio il logo del Corso di Laurea Magistrale in Biologia Quantitativa e Computazionale dell'Università degli Studi di Trento. Naturalmente si tratta di una rappresentazione artistica del nostro DNA, non è propriamente ciò che facciamo in Biofisica Computazionale, ma rende l'idea di quello di cui ci occupiamo, ovvero comprendere i meccanismi che regolano la vita, che per noi rappresenta (molto cinicamente, lo ammetto) uno stato della materia, da aggiungere a quelli ben noti dai nostri ricordi scolastici (solido, liquido e gassoso). Questa mia affermazione potrebbe sembrare, appunto, molto cinica e poco rispettosa della vita: tuttavia, per me questo punto di vista è non solo affascinante, ma anche suggestivo. Se la vita è, come penso, semplicemente la manifestazione di una complessità a livello della materia che è in grado di auto-organizzarsi, ciò comporta che la vita sia una possibilità che si realizza ogni qual volta ne esistano le condizioni. Da questo punto di vista la probabilità che esista vita nell'universo al di fuori del nostro pianeta (che ancora dobbiamo finire di esplorare) potrebbe corrispondere ad un valore non troppo basso. Il ragionamento implica dunque che, dato l'enorme numero di galassie e sistemi planetari presenti in questo universo, la vita su altri pianeti sia praticamente una certezza, per quanto possiamo al momento concludere senza evidenti prove sperimentali.
Più andiamo a fondo nel comprendere i misteri della vita dal punto di vista fisico (e quindi ne sfatiamo il mistero), più aumenta questa certezza, più forse potremo davvero essere consapevoli della nostra assoluta non-centralità nell'universo, acquisendo quell'umiltà che, nella mia esperienza, resta sempre il passo fondamentale per qualunque impresa nell'ambito della conoscenza.
Trotterelliamo insieme, dunque: per il momento ogni 11 del mese.

6 commenti:

  1. Bravo Gianluca! Un'ottiam iniziativa. Ti seguiro' :-) Michele

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    1. Grazie, carissimo. Speriamo bene, perché non sarà un'impresa facile, ma sono convinto che ne valga la pena e che mi aiuterà anche a crescere professionalmente.

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  2. Solo leggendo questa intoduzioen al tuo Blog mi vengono in mente montagne di argomenti che si potrebbero trattare, non soltanto di biosifica computazionale. Per esempio la differenza tra computationl biology and Synthetic biology, oppure i progressi fatti nella ricerca di pianeti extrasolari (se ne trovano roa a bizzeffe) e alle nuove tecniche che potrebbero dirci qualcosa sulla composizioen atmosferica di alcunhi di essi, se non domani managi tra 10-20 anni. E poi ancora, un approaccio storico, che rivisiti idee come quelle di Monod o quelle di Mayr (che aveva una visione diversa dalla tua, ma apparteneva ad un'altra epoca)...oppure le implicazione per la biologia computazionale dei recentissimi sviluppi sulla via della realizzazione di veri computer quantistici....insomma, buona fortuna amico mio!

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    1. Le implicazioni filosofiche mi affascinano tantissimo, ma spero di trovare qualche lettore che abbia più competenze di me sull'argomento per poterne discutere. Un interessantissimo punto di vista è contenuto nel famoso libro di Erwin Schrödinger (sì, proprio lui) "What is life?" che porrei quasi alla base dell'idea che la vita sia uno stato della materia caratterizzato dalla complessità auto-organizzata. Naturalmente sono affascinato dalle ricerche sui pianeti extra-solari (come ogni nerd che si rispetti), anche se la domanda principale alla quale mi piacerebbe trovare una risposta è: posto che ci sia vita su un qualche altro pianeta nell'universo, sarà basata ancora sugli stessi acidi nucleici che conosciamo sul nostro? Seguendo Schrödinger, mi verrebbe da dire "Sì, o almeno qualcosa di davvero talmente simile che non riuscirei a immaginarlo diversamente". E quindi chissà l'evoluzione extra-terrestre come può aver agito e a cosa può aver portato. Sulla synthetic biology ho letto un interessante articolo su LeScienze che parlava di biocomputing, che è ancora una cosa diversa, ma collegata... Insomma, non credo di riuscire ad annoiarmi con la biofisica computazionale, anche solo cercando di capirne i confini e volgendo lo sguardo oltre la siepe nello sconfinato vicinato...

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  3. Risposte
    1. Non ancora, ma per il momento resta fisso l'appuntamento dell'11 del mese.

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