
Andiamo con ordine. E' complicato definire cosa sia la biologia quantistica senza avere a mente cosa sia la fisica quantistica. O meglio, noi fisici parliamo di meccanica quantistica, perché il vero trauma di tutti gli studenti di fisica arriva al terzo anno, quando il bellissimo quadro della meccanica e dell'elettromagnetismo crolla di fronte a contraddizioni con gli esperimenti: è la crisi della fisica classica, storicamente avvenuta all'inizio del XX secolo e che ha dato luogo a un'incredibile avanzamento della conoscenza umana con le straordinarie scoperte di tutto il secolo scorso. Ecco, in un periodo di crisi come questo, non dimentichiamoci che quella crisi è stata l'inizio del periodo in assoluto più fertile della storia della fisica. Augurandoci che anche questo lo sia per il nostro pianeta.
La meccanica classica studia il movimento dei corpi e si fonda, in particolare, sull'esperienza individuale della traiettoria del moto: tutti noi abbiamo lanciato un sasso in uno stagno e abbiamo osservato il suo percorso nel tempo. Ecco, la traiettoria è il primo concetto intuitivo che crolla lasciando il campo ad una nuova interpretazione ad opera della meccanica quantistica: una bizzarra interpretazione, ma che ha permesso di ottenere predizioni esatte del comportamento della materia, dall'infinitamente piccolo all'infinitamente grande.
Secondo il principio di indeterminazione di Heisenberg, non è possibile conoscere con esattezza la posizione e la velocità di un corpo materiale, sia esso un atomo di idrogeno o una pallina da tennis: se ho una certezza sulla sua velocità (diciamo 30 m/s ± 0.000001 m/s cioè un millesimo di millimetro al secondo di precisione, che è davvero tanto) il principio di indeterminazione di Heisenberg mi dice che per una pallina da 100 grammi, posso determinare la sua posizione con un'incertezza di un miliardesimo di miliardesimo di miliardesimo di metro. Quindi possiamo tranquillamente parlare di traiettorie per la pallina da tennis, visto che abbiamo le incertezze sotto controllo (ah, fosse così nella vita!).
Il problema però, quando abbiamo a che fare con gli atomi, è che sono molto piccoli: determinare con esattezza la posizione di un atomo di idrogeno (entro, diciamo, un centesimo della sua dimensione totale) significa che la sua velocità avrà un'incertezza confrontabile con la velocità della luce! La traiettoria non ha proprio senso: addio Newton, addio Galileo, le vostre teorie vanno bene per le palline da tennis, ma con gli atomi prima vi abbandoniamo, meglio è.
Ristabilire una connessione con gli esperimenti a questo punto richiede l'introduzione di nuovi concetti e di una matematica completamente nuova, molto elegante e decisamente affascinante, che però si basa in maniera imprescindibile sulla probabilità e non più sulla certezza: anche perché il principio di indeterminazione di Heisenberg ha posto dei limiti molto chiari alle nostre certezze, in fatto di atomi.
Si arriva così all'equazione di Schrödinger, che permette di prevedere l'andamento nel tempo della funzione d'onda, l'unica entità matematica in grado di descrivere lo stato di un sistema (di un sistema puro, per correttezza: perché la materia tanto pura poi non è, ma questa è un'altra storia).
Ci sono molti testi divulgativi sulla meccanica quantistica scritti da professionisti del settore, i quali hanno fatto certamente un lavoro migliore del mio: mi interessa però qui far comprendere che il principio di indeterminazione è un pilastro sul quale è stata costruita un'intera teoria che necessita di un apparato matematico decisamente pesante (non è un caso che si affronti al terzo anno di un corso di laurea in fisica). Parlare di meccanica quantistica può essere anche facile e sicuramente appassionante: applicarla no, non è facile e neanche appassionante per la maggior parte degli esseri umani. Esclusi i fisici, naturalmente. Noi la troviamo incredibilmente appassionante e ci chiediamo anche un po' che noia fosse studiare fisica nel XIX secolo, con le sole equazioni differenziali della meccanica classica: del resto i fisici di allora avevano delle barbe lunghissime...
Forse questo non è sempre scritto nei testi divulgativi: il risultato è che la popolarizzazione della meccanica quantistica (sacrosanta) ha portato anche a una sua spettacolarizzazione. Del resto, il principio di indeterminazione è sì una legge della fisica, ma talmente potente da diventare un concetto filosofico, sul quale si fonda tutta la nostra teoria per descrivere oggetti che sono molto piccoli, ma con i quali abbiamo a che fare (atomi, molecole). In un attimo (a partire soprattutto dagli anni '90 del secolo scorso) c'è stato un fiorire di teorie molto fantasiose e spesso strampalate, sulle implicazioni della teoria quantistica nella Vita: la lettera maiuscola è per sottolineare che non sto parlando della vita così come è studiata in biologia, ma della Vita intesa come concetto filosofico con connotazioni spirituali o addirittura religiose. Ecco quindi intervenire parole e grandezze della fisica usate a sproposito in veri e propri manuali con consigli per il raggiungimento di una consapevolezza mentale: niente di più lontano da ciò che la meccanica quantistica, ma anche la fisica in genere hanno da offrire. Consapevolezza mentale? Ma avete mai visto come si vestono i fisici?
"La mente non è altro che energia immagazzinata nel nostro cervello sotto forma di informazioni": a qualunque sostantivo in questa frase potete aggiungere, a vostro piacere, l'aggettivo quantico. Infarcite il tutto con qualche meditazione e qualche capitolo sulla consapevolezza di sé e avrete anche voi il vostro bel libro sulla biologia quantica. Ecco, non è questa la biologia quantistica: si tratta invece di studiare gli ambiti della biologia in cui è necessario applicare la fisica quantistica.
La biologia quantistica tratta quindi tutti quei fenomeni che avvengono coinvolgendo oggetti molto piccoli, singoli atomi o singole molecole, per i quali sappiamo che la meccanica classica perde colpi. Anche i legami chimici però non possono essere descritti dalla meccanica classica, il che comporta che davvero la biologia sia intrinsecamente quantistica.
La biologia quantistica tratta quindi tutti quei fenomeni che avvengono coinvolgendo oggetti molto piccoli, singoli atomi o singole molecole, per i quali sappiamo che la meccanica classica perde colpi. Anche i legami chimici però non possono essere descritti dalla meccanica classica, il che comporta che davvero la biologia sia intrinsecamente quantistica.
Tutte le volte che c'è da descrivere una reazione chimica (e il nostro corpo funziona con reazioni chimiche), dovremmo usare la meccanica quantistica e non quella classica. Ci sono processi, poi, che sono intrinsecamente quantistici, come l'assorbimento della luce: la fisica della visione non può prescindere dalla meccanica quantistica, come si può evincere dal titolo del testo qui a lato, a cura del fisico Philip Nelson.
E' un po' curioso dunque che i corsi di laurea in biologia molecolare non includano la meccanica quantistica: il motivo è che questo comporterebbe anche un cospicuo numero di crediti da dedicare alla matematica e il tutto andrebbe decisamente a scapito di materie più tradizionali per un corso di laurea in scienze biologiche o biotecnologiche (le due classi di laurea di riferimento). Un tentativo in questa direzione è stato fatto proprio dal nostro Ateneo di Trento con il corso di laurea in Biologia Quantitativa e Computazionale. Computazionale, sì: perché le equazioni della fisica quantistica sono talmente complicate che la loro applicazione in ambito biologico è impossibile senza l'ausilio dei calcolatori.
Per tornare dunque alle domande in apertura di questo lungo post estivo: esiste una biologia quantistica? Sì, ma stiamo attenti a cosa intendiamo con biologia quantistica. Ha interesse per la biofisica computazionale? Mica poco! E' talmente complicata però che pensare di poterla affrontare nei nostri corsi di laurea in ambito biologico è proprio un'impresa alla Fox Mulder: io ci voglio credere!
Nessun commento:
Posta un commento