sabato 11 febbraio 2023

A volte ritornano.

O almeno speriamo. Si tratta dei ragazzi e delle ragazze che hanno partecipato alla seconda edizione della Winter School "Physics of the Cell" che si è tenuta a Trento dal 16 al 27 gennaio. E' stata una grande emozione ricordare la prima edizione di questa scuola, esattamente 3 anni fa. Un'emozione perché la scuola si chiuse proprio il 31 gennaio 2020, la data divenuta poi tristemente famosa per la proclamazione dello stato di emergenza dovuto alla pandemia da Covid-19. Quest'anno speriamo di avere miglior sorte e di passarla liscia. Voglio dirlo subito: non ero proprio sicuro di volermi imbarcare una seconda volta in questa avventura, un po' perché ricordavo perfettamente quanto fosse stato faticoso mettere insieme un programma di lezioni incastrando le date e le disponibilità dei miei colleghi, un po' perché i 2 anni di didattica in remoto avevano alterato la mia percezione dell'utilità di andare in giro per il mondo o di far arrivare persone da varie parti del mondo per tenere un evento in presenza. Alla soglia dei 50 anni di vita ormai penso però di aver capito una cosa di me stesso: le mie paure sono inevitabili, ma la voglia di mettermi in gioco è sempre più forte. Soprattutto è forte il desiderio di creare esperienze e opportunità di incontro per gli studenti e le studentesse. Perché, come dico spesso, l'Università è un organismo complesso, ma io credo fermamente in questa Istituzione, ormai millenaria. Credo fermamente che il sapere sia sempre in grado di adattarsi alle sfide poste dalla società e lavorare per questa istituzione comporta per me il rischio di affrontare queste sfide. Quindi paura sì, è nella mia indole, non riesco ad evitarla, ma la paura non mi ferma: piuttosto metto in conto la figuraccia. In questo caso però sapevo di avere ottime risorse per disinnescare l'eventuale esito infausto.

Anzitutto, la nostra squadra della Divisione Relazioni Internazionali: ci hanno supportato dall'inizio alla fine, aiutandoci nell'organizzazione delle attività, nella logistica, nella gestione dei tempi e delle scadenze, nell'assistenza agli studenti e alle studentesse nell'organizzazione del viaggio, nella ricerca di un posto in cui farli alloggiare, in qualunque tipo di necessità pratica che si sia presentata. L'altra colonna portante di questo impianto è stato il mio collega e co-direttore della scuola, il Prof. Daniele Dell'Orco, dell'Università di Verona. Avevo contattato Daniele per questa scuola perché volevo avere un aiuto nel gestire una parte meno teorica e più vicina agli esperimenti: la fisica della cellula non può essere esclusivamente teorica, il confronto con gli esperimenti è fondamentale. L'intuizione è stata felice, sia sul piano scientifico che sul piano umano. Del resto, il rapporto con Daniele è stato singolare, sin dal principio: ci siamo conosciuti ad un concorso che abbiamo perso entrambi, ma che prevedeva comunque che i candidati tenessero dei seminari di fronte alla commissione. Finito il concorso, nessuno di noi due aveva vinto, ma a me è arrivato un messaggio da Daniele che mi diceva che il mio seminario gli era piaciuto molto. La verità è che anche a me era piaciuto moltissimo il suo. Di lì abbiamo stabilito un contatto, che poi è diventato una collaborazione un anno dopo, quando mi sono trasferito a Trento, nel 2016. Le collaborazioni scientifiche non sono mai facili, però con Daniele è facile lavorare: abbiamo qualcosa in comune, quella grande curiosità per la biologia (lui è un fisico di formazione, ma biochimico di adozione) e, soprattutto, un'attitudine personale che tende a non prendersi mai troppo sul serio. 

Lavorare divertendosi: può sembrare strano, ma credo fermamente che la scienza possa e debba far divertire. Creare un ambiente di lavoro in cui ci si ponga le giuste domande, si lavori seriamente, ma nello stesso tempo ci si faccia anche qualche risata, è un po' il mio programma di sempre. I problemi e le sfide della scienza sono molti e complessi, quelli dell'università enormi e spaventosi, quelli dell'università italiana poi non ne parliamo: se non ci facciamo due risate, rischiamo davvero di annegare tra scadenze, burocrazia, obblighi, progetti, risposte a giudizi negativi sulle pubblicazioni, pressioni ad eccellere sempre. C'è un po' di tutto e non è un caso che si sentano in giro diversi allarmi sulla tenuta psicologica del personale accademico: ecco, io e Daniele non siamo psicologi, ma abbiamo elaborato la nostra personale via di fuga e visione strategica. Ogni tanto sbrocchiamo facendoci due risate, trovando nomignoli per i pezzi di proteina che non si comportano come vorremmo, per la membrana che non fa quello che ci aspettiamo, o andando a bere un aperitivo a Verona o a Trento. Sapevo che sarebbe stata la persona giusta per portare a casa un risultato scientificamente rigoroso e divertente, quello che volevo per i ragazzi e le ragazze.

Ecco, loro: la parte migliore. Abbiamo ospitato 14 ragazzi e ragazze selezionati con una casuale e perfetta parità di genere da diversi Paesi nel mondo: Algeria (2), Australia (1), Cile (2), Corea del Sud (2), Giappone (1), Italia (2), Norvegia (1) Olanda (1) e Sud Africa (2). Era molto bello vederli parlare tra loro, fare amicizia, organizzarsi per le serate a Trento (sbronze incluse), pianificare le loro vacanze in Italia dopo la scuola, discutere dei loro progetti futuri, lavorare nei compiti loro assegnati, fare domande e rispondere alle nostre, indicarci le tematiche che vorrebbero approfondire nel corso dei loro studi. Si è creato uno spirito di gruppo molto forte, anche grazie alle attività ludiche proposte dalla nostra Divisione Relazioni Internazionali e che, all'inizio, avevano suscitato in me un certo disappunto: ma come? Vengono qui per studiare o divertirsi? La risposta: entrambe le cose. E avevano ragione loro. Nel corso di queste due settimane abbiamo parlato di diversi argomenti: simulazioni di biomolecole, termodinamica delle proteine, la fisica del DNA, la fisica della visione, gli esperimenti in biofisica, i limiti delle simulazioni, il futuro della biofisica. Non è tutta qui la fisica della cellula: c'è molto, ma molto di più che non abbiamo potuto toccare. L'idea però era quella di suscitare in loro la curiosità per questo campo enorme di studio, in cui potranno divertirsi in futuro. E chissà: magari qualcuno o qualcuna di loro deciderà di iscriversi ad uno dei nostri corsi di laurea magistrale.

Da questo punto di vista, il nostro Ateneo ha da sempre cercato ogni modo per aprirsi ai contatti con l'estero: l'organizzazione di queste scuole invernali o estive è solo una di queste iniziative. Sembra incredibile che un Ateneo confinato in una valle senza un aeroporto abbia una politica così accogliente nei confronti degli studenti stranieri. Eppure è così, ed è uno dei motivi per cui in questo Ateneo mi sento a mio agio, nonostante le mie radici siano altrove, come ho avuto modo di dichiarare nella degna conclusione di questa Winter School. Dopo aver chiuso i lavori, io e Daniele ci siamo lanciati in un karaoke, dove abbiamo interpretato una cover di "Gente di Mare" che ha tirato giù la risposta del Trentino al palcoscenico del Teatro Ariston di Sanremo: il bar di Zambana. Appuntamento alla Terza Edizione, dunque. Prima però abbiamo in programma un collegamento urbi et orbi con gli studenti che presenteranno i loro lavori in occasione della Biophysics Week il prossimo 23 marzo: una maratona che partirà dal Giappone nella mattinata italiana e si concluderà nel pomeriggio con il collegamento dal Cile. Restate sintonizzati/e.

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