Probabilmente questo post non sarà lunghissimo, ma riporta alcuni appunti che ho scritto all'aeroporto di Stoccolma, di ritorno dal terzo incontro annuale sul progetto Mimosa, di cui ho già parlato in post precedenti. Per chi le avesse perse, l'idea è quella di utilizzare un metodo piuttosto innovativo per determinare la struttura delle biomolecole, con particolare riferimento alle proteine. Si tratta dell'Atom Probe Tomography (APT) o Tomografia a Sonda Atomica (in italiano suona tutto un po' strano). Questa tecnica permette di determinare la posizione di ciascun atomo in un materiale con una precisione pazzesca, addirittura al di sotto del nanometro che è un miliardesimo di metro. Tradizionalmente questa tecnica è stata utilizzata soprattutto in metallurgia per studiare leghe metalliche e in scienza dei materiali per i semiconduttori, ma ultimamente ci sono stati diversi studi che hanno cercato di applicarla al campo delle scienze biologiche, ovvero alla determinazione delle strutture delle proteine o di complessi macromolecolari. In questo contesto, il potenziale dell'APT è davvero unico, perché consente di ottenere delle vere e proprie mappe tridimensionali che specificano dove ciascuna specie chimica si trova, atomo per atomo, pezzo per pezzo di un complicatissimo puzzle in tre dimensioni. Ma come funziona?
Il trucco è questo: si utilizza un forte campo elettrico, che vaporizza (letteralmente) gli atomi presenti su una superficie. Nel caso delle proteine e del progetto a cui sto collaborando, gli atomi sono quelli di una matrice di silica che blocca la proteina al suo interno. I vantaggi? Normalmente per la biologia strutturale si utilizzano la cristallografia a raggi X, la risonanza magnetica nucleare e la crio-microscopia elettronica (cryo-EM). Negli ultimi tempi, proprio la cryo-EM sta regalando soddisfazioni enormi nella risoluzione dei complessi macromolecolari e infatti è diventato un campo in cui anche la biofisica computazionale sta crescendo notevolmente. Spero di parlarne in un prossimo post, ma prima devo anche studiare un po' queste nuove tecniche che combinano le simulazioni in dinamica molecolare con i dati cryo-EM. Si tratta comunque di tecniche sperimentali altamente sofisticate, ma con diverse limitazioni, quali per esempio la risoluzione dei singoli elementi chimici, o la localizzazione degli elementi più leggeri. Queste limitazioni potrebbero essere superate dall'APT, che permetterebbe anche di studiare vescicole, organelli e altri elementi presenti nelle cellule, con dettaglio atomico.Tuttavia, l'uso dell'APT in ambito biologico è ancora in una fase molto embrionale e presenta diverse sfide complicate, come è emerso anche durante questi due anni di lavoro nel nostro progetto Mimosa. In primo luogo, le proteine sono macromolecole organiche e sono quindi decisamente più delicate rispetto ai materiali duri studiati tradizionalmente con questa tecnica (metalli, semiconduttori). La preparazione dei campioni e il controllo delle condizioni ambientali (ad esempio lavorare a temperature piuttosto basse), sono fondamentali per mantenere l'integrità delle strutture proteiche sia prima che durante l'analisi mediante laser. Superare queste sfide tecniche significa ottenere una nuova finestra di osservazione sulle proteine, una finestra ultra-precisa per indagare anche il modo in cui interagiscono fra loro per formare i complessi macromolecolari o addirittura gli organelli presenti nelle nostre cellule.
E' questo che stiamo cercando di realizzare, con una squadra davvero ben assortita di fisici, chimici, biologi, biotecnologi, provenienti da diversi paesi. Dopo il primo incontro a Rouen nel 2022, il secondo incontro si è tenuto proprio a Trento nel 2023 e il terzo nella splendida Göteborg, in Svezia. Chi mi conosce sa già quanto io ami i paesi del Nord Europa e soprattutto la Scandinavia: ne ho sempre subito il fascino, sin da bambino quando guardavo Pippi Calzelunghe o leggevo e rileggevo un libro che circolava a casa mia su un bambino biondo e casinista di nome Emil. Ad ogni modo, devo ammettere che l'ospitalità svedese è stata davvero oltre ogni mia aspettativa, sia per la qualità del cibo (oh, sì, a me piace il cibo svedese), sia per l'attività ricreativa scelta: una mini-crociera nell'arcipelago di fronte alla città.
Quando c'è una conferenza, ma soprattutto quando c'è un evento di questo tipo in cui bisogna formare un gruppo coeso per arrivare a un risultato apprezzabile di ricerca, l'evento ricreativo è importantissimo. Sembrerebbe soltanto divertimento, ma in realtà non è solo quello. E' un aspetto che spesso non è sottolineato abbastanza nell'immagine pubblica e un po' stereotipata della ricerca. La ricerca non è un'avventura di un singolo studioso contro tutti (tipo i film catastrofisti americani), ma un'avventura intrinsecamente e squisitamente umana, in cui la componente umana è fondamentale. Difficile realizzare lavori quando non si è creato quello spirito di gruppo che proprio un'attività ricreativa riesce a creare: ci si parla, si condivide il cibo, si fa un brindisi, ci si racconta. Alla fine ci si rende conto di quali sono quelle molle che spingono gli altri a lavorare in quel particolare ambito, quali sono i sogni, quali le aspettative, quali i problemi, quali le preoccupazioni. Ed è questo proprio il bello di questo lavoro, che in questi due anni ho potuto sperimentare.
Il gruppo di lavoro è cresciuto, ora lavora molto meglio rispetto a due anni fa, abbiamo capito tante cose che non riusciamo a fare, ma proprio tante. E però, tra le tante cose che non riusciamo a fare, ce ne sono alcune che invece siamo riusciti a portare avanti. E abbiamo uno spiraglio di speranza per i prossimi anni di progetto (si chiude nel 2026). Un'altra volta vi racconterò di come poi questi progetti vengono seguiti anche dagli enti finanziatori (nel nostro caso lo European Innovation Council), in modo da controllare che effettivamente si stiano portando avanti le ricerche promesse, ma anche fornendo consigli preziosi per la gestione pratica e scientifica del consorzio che cerca di portare a compimento quel particolare progetto. Ora però devo andare, hanno aperto il gate! Non prima però di avervi anticipato la location per il prossimo Mimosa workshop nel 2025: Bucarest, Romania!
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