mercoledì 11 dicembre 2024

Simulare per curare: come la biofisica computazionale accelera la scoperta di farmaci

Siamo ormai a fine anno e colgo l'occasione per scrivere qualcosa di più generale, del tipo: per chi si fosse sintonizzato in questo momento... uno dei motivi per cui mi sono avvicinato pian piano alla biofisica computazionale sicuramente è la mia innata, conclamata, incurabile e ormai cronica ipocondria, che mi ha portato a studiare bugiardini dei farmaci sin da quando ero bambino, naturalmente avvertendone tutti gli effetti collaterali. I farmaci mi hanno sempre atterrito e affascinato, a partire dai rimedi naturali. Avevo letto che già nell'antica Grecia (per cui ho sempre avuto un fascino particolare) utilizzavano la corteccia del salice, perché permetteva di abbassare la febbre. Mi è difficile immaginare come l'avessero scoperto, probabilmente con qualcuno addormentato in un tempio di Asclepios che ha sognato questo miracoloso rimedio. L'idea delle pozioni magiche da un lato attirava la mia curiosità di bambino e adolescente, dall'altro stimolava la cocciutaggine di voler capire "ma perché funzionano?" e soprattutto "ne possiamo trovare anche di migliori? Magari per curare le malattie che oggi riteniamo incurabili?". Un gran contributo mi era offerto dalla fantascienza: tra le prime serie televisive, ho amato molto i Visitors (V, the Visitors) nella serie originale degli anni '80, con tute arancioni e occhiali a goccia in linea con la moda del periodo. Ad un certo punto i misteriosi e fin troppo umani visitatori (prima ancora che si scoprisse la loro vera natura lucertoloide) regalavano all'umanità una fiala con la cura per il cancro: una miscela verde in una provetta. Quanta ingenuità. Tuttavia a quella ingenuità e alla mia ipocondria ho spesso ripensato quando mi sono avvicinato alla biofisica computazionale. Siamo il risultato della nostra adolescenza, no?
E allora provo a spiegare come funziona questo laboratorio virtuale, in cui molecole e proteine si muovono su un palcoscenico semplificato ai minimi termini rispetto alla realtà operativa di una cellula: ognuna di queste molecole, ognuna di queste proteine recita il suo ruolo in uno spettacolo di chimica e fisica che poi è la vita. In questo mondo, la dinamica molecolare non è soltanto il mezzo con cui riusciamo a realizzare qualche animazione accattivante (tra l'altro poca cosa rispetto alle animazioni che si possono ottenere con la grafica attuale), ma uno strumento potente per comprendere i farmaci di oggi e progettare quelli di domani. In parole semplici, la dinamica molecolare può essere vista come una specie di sfera di cristallo che ci permette di guardare ciò che non sarebbe possibile vedere con la luce visibile: le interazioni molecolari a livello atomico. Le simulazioni seguono le leggi della fisica classica nella loro accezione più semplice (dinamica molecolare classica), ma per molti processi è necessario anche conoscere e applicare le leggi della meccanica quantistica. Tutto questo permette di comprendere come si ripiega una proteina (protein folding), come si muove, come cambia forma (cambiamenti conformazionali) e come interagisce con le altre molecole, tra cui i farmaci. Perché è così importante? Beh, un farmaco efficace non è solo una molecola che riesce a legarsi alla sua proteina target, il suo partner: un po' come nella vita sentimentale, deve farlo al momento giusto, nel modo giusto e con la giusta energia. La dinamica molecolare permette di esplorare questi dettagli, aiutando a capire perché certe molecole funzionano e altre no.
Negli ultimi anni, l’intelligenza artificiale ha permesso un vero e proprio salto di qualità con strumenti come AlphaFold, di cui ho già parlato diverse volte. Posso riassumere il suo impiego dicendo che determinare la forma tridimensionale di una proteina in passato era ritenuto un'impresa titanica: questi algoritmi oggi invece consentono di costruire mappe delle proteine del corpo umano (e di qualunque altro organismo vivente) come tessere di un gigantesco puzzle molecolare, altro gioco che ho amato tantissimo nella mia infanzia e che continuo tuttora ad amare. Ma non è tutto. Predire le strutture è solo il primo passo. Ora possiamo usare questi modelli per simulare complessi macromolecolari e vedere come funzionano i "macchinari molecolari" che regolano la vita. Come in una specie di Google Maps della biologia: non solo vediamo le strade, ma anche il traffico, i semafori e chi litiga per un parcheggio!  Piccolo spoiler: sono molecole che si legano alla proteine, ma a volte sono proteine che si legano ad altre proteine e insomma non si finisce più!
E non finisce qui: in combinazione con la simulazione, la cryo-electron microscopy (cryoEM) è diventata la stella della biologia strutturale. Questa tecnica ci permette di ottenere immagini dettagliate di proteine e complessi in stato naturale, quasi come fossero congelati nel tempo. Ed ecco qui un'altra magia: una volta ottenute queste immagini, possiamo usarle come punto di partenza per le simulazioni. È come se la cryoEM ci desse il fotogramma iniziale, e la dinamica molecolare ci mostrasse il film completo. Questa sinergia sta già rivoluzionando la scoperta di farmaci, specialmente contro malattie complesse come il cancro o il COVID-19 e simili.
Nonostante i progressi, ci sono ancora molte domande irrisolte. Ad esempio: come modellare accuratamente sistemi enormi, come l'intera collezione di proteine (il proteoma) di una cellula? Al momento non ci sono tentativi in questo senso se non mediante equazioni cinetiche che descrivono la variazione delle concentrazioni di determinate proteine o molecole. Il dettaglio molecolare del perché determinati farmaci siano in grado di alterare il funzionamento cellulare nel suo complesso è ancora troppo lontano dalla nostra comprensione. Inoltre sarebbe importante predire le energie di legame tra farmaco e proteina, per poterne determinare l'efficacia: molti passi avanti sono stati compiuti grazie soprattutto all'intelligenza artificiale, ma è ancora molto difficile fare predizioni in ambienti complessi come le membrane cellulari. Resta inoltre il problema della velocità: anche con i supercomputer, le simulazioni di complessi macromolecolari richiedono ancora settimane o mesi. E poi ci sono diverse criticità: i modelli computazionali dipendono da approssimazioni e parametri che potrebbero non essere perfetti. La sfida è bilanciare velocità e accuratezza, senza perdere di vista la realtà biologica: si tratta di un altro campo in cui è molto probabile (anzi, diciamo che già sta accadendo) che l'apprendimento automatico (o machine learning) dirà la sua nei prossimi (ma proprio vicini) anni.
Nonostante le difficoltà, la biofisica computazionale offre un’opportunità unica di innovare nella scoperta di farmaci, risparmiando tempo, denaro e... un sacco di esperimenti falliti. È un campo in cui scienza, tecnologia e creatività si incontrano, spingendo sempre più avanti i confini del possibile.
I farmaci di oggi sono quasi miracolosi rispetto alla medicina naturale dei greci: forse è un po' spoetizzante, ma è bello pensare che il dio Asclepios che suggeriva cure ai malati sia stato sostituito dall'ingegno umano. E' bello pensare che dietro quel minuscolo miracolo farmacologico ci sono simulazioni, algoritmi e l’incredibile danza delle molecole che sta avvenendo proprio ora nei laboratori virtuali di tutto il mondo.

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