domenica 11 febbraio 2018

Una gita a... Bressanone!


Per la quinta edizione di un congresso che ormai è diventato una vera e propria tradizione per la comunità italiana della biofisica delle proteine. Si tratta di un convegno che si tiene ogni due anni, a febbraio. E' nato da un'idea di alcuni colleghi delle Università di Padova e Milano, verso la fine del 2009: eravamo un po' stanchi di convegni in cui si riunivano soprattutto i fisici teorici e discutevano dei vari modelli nel campo. Coloro che ritenevano importante un confronto con i dati sperimentali (e gli esperimenti in biofisica sono davvero complicati) cercavano un po' disperatamente un contatto su quel fronte andando in giro per le conferenze di biofisica e sentendosi (parlo per me, ma forse vale anche per gli altri) sempre come un intruso in un mondo di cui si capiva davvero poco.

In quei convegni tipicamente il dibattito era tra chi faceva gli esperimenti, per cui non veniva neanche voglia di intromettersi e disturbare, figuriamoci proporre dei modelli teorici fatti di calcoli complicati, di simulazioni al calcolatore, con tutte le generalizzazioni tipiche della fisica, che trascurano il dettaglio sul quale la biologia è invece fortemente incentrata. Tornare a casa con un contatto sperimentale era considerato un risultato eccezionale, ma non sempre quei contatti diventavano vere e proprie collaborazioni. Anche perché le collaborazioni sono come una relazione sentimentale: è importante vedersi, confrontarsi, litigare, discutere, scegliere e la distanza certamente non aiuta. A tutto questo aggiungiamo la difficoltà cronica italiana nel reperire i fondi per spostarsi, per non parlare del tempo necessario per raggiungere gli Stati Uniti o i gruppi in Europa. Capitava inoltre di incontrare qualche buon gruppo sperimentale italiano e chiedersi "ma possibile che in Italia non ci sia un posto dove vedersi e confrontarsi su queste tematiche?". Ecco, Bressanone nella nostra comunità ha riempito questo vuoto.
La prima edizione si tenne nel febbraio 2010 e fu sponsorizzata anche dal Comune di Bressanone. Resta memorabile l'apertura del congresso: non avremmo mai pensato che sarebbe arrivato qualche rappresentante del Comune a darci il benvenuto e quindi avevamo già cominciato. All'arrivo dell'assessora alla cultura, c'era una diapositiva in cui si parlava di una famiglia di proteine e l'assessora (poverina!) pensò bene di dirci che la città di Bressanone era molto lieta di averci come ospiti e anche di condividere una tematica così importante, come quella della famiglia. Volevamo scoppiare tutti a ridere, ma in realtà la scena fu così tenera e l'assessora davvero spontanea nel cercare di darci un benvenuto in questa cittadina dell'Alto Adige, che rimanemmo in silenzio finché non andò via. Da quella storica prima edizione sono passati ormai 8 anni e Bressanone è arrivata quest'anno alla sua quinta edizione.
Per me ha significato tantissimo: mi ha permesso di comprendere molte tecniche sperimentali, con la calma che quei quattro giorni a Bressanone ogni due anni sono in grado di dare. Come potete vedere dalle foto, si tratta di una tranquillissima città dell'Alto Adige, dove è molto piacevole passeggiare. I brissinesi si sono ormai quasi abituati alla chiassosa combriccola di gente strana che ogni due anni invade i loro ristoranti. Sì perché una delle cose più belle è proprio ritrovarsi a cena tutti insieme, di fronte a una buona birra o a uno degli ottimi vini locali, per continuare a parlare di progetti e non solo. Perché i rapporti umani in questo lavoro contano davvero tanto e negli anni siamo diventati anche buoni amici.
Ma perché il confronto con i dati sperimentali è così importante? Per chi ha studiato il metodo scientifico, la risposta sembrerebbe quasi banale. Infatti lo è: il metodo scientifico parte dagli esperimenti, ne cerca una spiegazione, formula una teoria, progetta nuovi esperimenti per verificarla e procede quindi alla verifica. In tempi di deliri anti-vaccinisti e bufale sul web, è sempre opportuno ricordarlo. Se tuttavia dovessero chiedermi quale di queste fasi è la più importante, non avrei dubbi: la verifica. Si tratta davvero del cuore del metodo scientifico. Qualunque teoria, anche la più elegante viene costantemente sottoposta a verifiche. Questo significa che chi si occupa di scienza impara (o dovrebbe imparare, perché le eccezioni purtroppo ci sono) l'umiltà che deriva da questo continuo confronto con l'esperienza: tutto ciò che abbiamo studiato come genere umano, tutto ciò che conosciamo è continuamente messo in discussione. Tuttavia attenzione: deve essere messo in discussione con fatti, esperienze, numeri e statistiche, non con opinioni e prese di posizione.
Tutto questo in biologia assume un'importanza vitale, perché in gioco ci sono le nostre condizioni di vita, o la stessa trasmissione della vita. In biofisica computazionale direi che è parte fondamentale del lavoro. In un post precedente avevo parlato dei campi di forza: i campi di forza sono modelli matematici, approssimazioni della realtà che contengono un altissimo numero di parametri. E' necessario trovare sempre sistemi sui quali confrontarsi con i dati sperimentali, altrimenti rischiamo di trasformare i nostri supercalcolatori in costosissime macchine che generano numeri a caso, un po' come dadi da gioco in oro purissimo. Una frase molto bella in inglese riassume questo concetto con l'acronimo GIGO che sta per "Garbage In Garbage Out", ovvero: se inseriamo immondizia in un computer, per quanto sofisticato sia il nostro modello, per quanto accurati siano i calcoli, il computer ci restituirà immondizia. E' dunque necessario controllare sempre ciò che inseriamo nei nostri modelli e ciò che ne viene fuori e, per farlo, è indispensabile confrontarci con gli esperimenti.
Ma cosa succede quando gli esperimenti non confermano la nostra teoria, quella che con tanta fatica abbiamo formulato, alla quale abbiamo dedicato anni di vita e di studio? La scienza non ha pietà: la teoria è sbagliata. E' successo con teorie bellissime, che sono rimaste teorie di riferimento per secoli, hanno contribuito notevolmente al progresso dell'umanità e niente: arrivati ad un certo punto, si è scoperto che erano una approssimazione anche piuttosto rozza della realtà.
In biofisica computazionale teorie e modelli si sprecano: senza una controparte sperimentale la nostra comunità sarebbe in preda ai deliri di quelli che io chiamo "maschi teorici alfa", perché tipicamente sono quasi tutti maschi, sono fisici teorici e tendono a scontrarsi tra loro come mufloni durante il periodo dell'accoppiamento. Ben venga dunque Bressanone, per riportarci alla realtà, per ricordarci quanto sia difficile la biologia, e quanto sia davvero bello riuscire a capire come funzionano i meccanismi che regolano la vita, utilizzando tutti gli strumenti a nostra disposizione in una combinazione che richiede tempo, passione, rigore metodologico, e il contributo di tante persone, ognuno per quello che può e sa fare meglio, un po' come questa splendida fetta di dolce tipicamente altoatesino, il mio saluto in attesa di Bressanone 2020.

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