mercoledì 11 settembre 2019

35 debole, 36 normale, 37 un po' di febbre, 38 febbre non esci

Il titolo ricorda la scena in cui i malcapitati Benigni e Troisi, misteriosamente finiti nel 1492, cercavano di spiegare all'ancora più malcapitato Leonardo da Vinci il termometro clinico, nel celebre film "Non ci resta che piangere". Il motivo è che questo mese vorrei parlare della temperatura, che per diverse ragioni in queste settimane è un po' al centro di alcune mie riflessioni. C'è anche da dire che sto per riprendere le lezioni e i miei due corsi si possono riassumere comunque come due variazioni sul tema che resta la meccanica statistica, ovvero la disciplina che spiega, dal punto di vista microscopico, le proprietà macroscopiche studiate dalla termodinamica. Uno dei motivi per cui mi è sempre piaciuta questa materia è che concetti che in termodinamica sembrano un po' misteriosi acquisiscono finalmente una realtà molto chiara, che è legata indissolubilmente alla statistica. Chiunque ne capisca un po', sa che la statistica è tanto più valida quanto maggiore è il numero di elementi di cui dispone: un ristorante giudicato buono da cinque recensioni non è affidabile quanto un ristorante che ha lo stesso giudizio con più di mille recensioni. Nel caso degli atomi e delle molecole, quel numero è praticamente pari a milioni di miliardi di miliardi, quindi la statistica è decisamente accurata. E' proprio in meccanica statistica che finalmente si capisce cosa sia la temperatura con la quale, e in questo hanno ragione Benigni e Troisi, facciamo il nostro primo incontro proprio quando ci misurano la febbre.

La temperatura infatti non è altro che una misura dei movimenti delle molecole o degli atomi. Mi spiego meglio: in un cristallo gli atomi (o le molecole) occupano posizioni ben precise, un po' come i soldati in un plotone. Anche quando il plotone è fermo, i soldati possono muoversi leggermente: la temperatura misurerebbe proprio questi movimenti. Se i movimenti sono piccoli, il plotone ci sembra comunque ben ordinato e somiglia molto a un solido cristallino. Immaginiamo però che ci sia un po' di agitazione per cui i soldati non riescono a restare nelle loro posizioni: il plotone comincia a perdere la sua regolarità. Di fronte a un "rompete le righe" tutti i soldati andrebbero in una qualunque direzione, pur restando comunque abbastanza vicini tra loro. Se lo spazio a loro disposizione è piccolo, restano pur sempre abbastanza vicini l'uno all'altro: è quello che accade in un liquido. Non è un caso infatti che, per passare dallo stato solido allo stato liquido (pensiamo al ghiaccio che diventa acqua) sia necessario fornire calore. Se lo spazio a disposizione è molto grande, i soldati cominciano ad allontanarsi l'uno dall'altro: è l'analogo del gas. Questa spiegazione è convincente ed è quella che, in genere, nelle scuole è insegnata anche piuttosto bene, per cui sarà nota a molti. Meno noto però è l'effetto che la temperatura può avere sulle proprietà delle molecole, in termini di capacità di svolgere compiti all'interno del nostro organismo.
La funzione esponenziale decrescente: il peso di Boltzmann
La temperatura qui agisce in due modi. Da un lato è legata intrinsecamente al disordine e, in particolare, più è alta, più tende a favorire il disordine, un po' come gli zuccheri dati ai bambini... se vi è mai capitato di trovarvi a una festa di bambini, sapete che dopo aver dato loro bevande zuccherate o dolci, è difficile che restino ordinati e composti. La temperatura però interviene anche nel determinare con quale probabilità un sistema (che siano proteine o magneti) assume uno stato. Questa probabilità è legata al cosiddetto peso di Boltzmann, che è una funzione esponenziale, una funzione matematica che ama gli eccessi: sa essere maledettamente piccola o maledettamente grande, e resta più o meno vicina al valore uno soltanto quando il suo argomento è molto prossimo a zero. L'argomento dell'esponenziale è proprio il rapporto tra energia e temperatura, con il segno negativo. Questo rapporto, per alte temperature, è effettivamente vicino a zero, qualunque sia il valore dell'energia. Per alte temperature, in effetti, tutti gli stati hanno la stessa probabilità di essere visitati, un po' come accade a una festa dopo che è stato distribuito dell'alcol: ci piace chiunque! A basse temperature (o basso tasso alcolico) no, anzi, accade il contrario: è molto probabile che ci sia un solo oggetto dei nostri desideri.
Lo stesso accade con i sistemi fisici: a basse temperature, popolano un solo stato fondamentale e se ne popolano più di uno, quello stato è detto degenere, il che mi suggerisce di ricordarvi che se a una festa, senza che abbiate bevuto nulla, vi piace più di una persona, siete fondamentalmente degeneri anche voi. Magari vivete meglio, però!
La temperatura è quindi molto importante: piccole variazioni (un bicchiere in più o in meno) possono determinare in quale direzione andrà un determinato processo (o se comincerete o no una nuova storia d'amore: il mio consiglio è quello di posare il bicchiere e scegliere nella sobrietà, prima che i risvegli diventino amari).
Questa premessa era necessaria per comprendere l'importanza di un nuovo passo avanti nella biofisica e, in particolare, nello studio dei canali al potassio. Ne avevo parlato proprio il mese scorso, e il 20 agosto la rivista Frontiers in Cellular Neuroscience ha pubblicato un lavoro davvero impressionante sui canali ionici e sui loro dati cinetici, ricavati alle giuste temperature, ovvero quelle del nostro organismo (i famosi 37 gradi). Infatti molti dati sui canali erano stati ricavati finora alla cosiddetta temperatura ambiente, che in generale è la temperatura del laboratorio, ovvero una temperatura esterna che noi consideriamo confortevole, intorno ai 20-25 gradi. Tuttavia le proprietà possono cambiare davvero molto dai 25 ai 37 gradi, non tanto per una questione di agitazione termica (il moto dei soldati), quanto per i cambiamenti nelle probabilità di realizzazione di uno stato rispetto all'altro. Se pensate che si tratti solo di un problema di comfort di chi realizza l'esperimento, vi sbagliate: in realtà gli esperimenti possono essere condotti a 37 gradi (basta isolare termicamente il sistema), ma il problema è che le membrane cellulari in cui si trovano i canali ionici a quella temperatura diventano parecchio instabili e ci vuole una pazienza infinita per riuscire a raccogliere anche solo un dato sperimentale. La pazienza necessaria per compilare intere tabelle di dati alla temperatura di nostro interesse è al di là di ogni umana sopportazione, confrontabile con quella di un gruppo di arzilli vecchietti che sono riusciti a superare le nozze di platino (75 anni di matrimonio). L'impresa è evidentemente poco umana. I ricercatori del Politecnico di Losanna (dove peraltro mi trovo esattamente nel preciso momento in cui viene pubblicato questo post) ci sono riusciti rendendo automatico l'esperimento e facendolo svolgere a delle braccia robotiche estremamente precise e ovviamente moooolto pazienti. Il risultato è una mole davvero impressionante di dati, che potranno essere utilizzati non soltanto per migliorare la nostra comprensione dei meccanismi fisici che permettono di calcolare le proprietà dei canali alle diverse temperature, ma anche per riuscire a simulare il funzionamento di un'intera cellula nervosa, nelle condizioni fisiologiche in cui è chiamata a operare. Anche per capire cosa succede davvero a 38 gradi per cui, come dice Massimo Troisi, con 38 non esci, ti devi stare a casa, Leonà!!!

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