
La storia comincia da questo elegante signore, Carl Moser, un americano probabilmente vittima, come tanti prima di lui e dopo di lui, dell'evangelico "Nemo propheta in patria". E, come tutte le vittime di questo detto, appena trovata una patria di adozione, si diede da fare senza risparmiarsi neanche un po' per dare una realtà ai propri sogni. Del resto, è pur vero che quasi sempre chi rinuncia alla propria patria lo fa perché questa lo ha costretto a rinunciare ai suoi sogni: vale per i migranti disperati e vale anche per i meno disperati cercatori di fortuna nel mondo della ricerca. Dopo un periodo in Inghilterra, Moser cominciò a stringere legami scientifici e personali con diversi ricercatori europei in quello che allora era un campo di ricerca tutto da scoprire, ovvero lo studio della meccanica quantistica attraverso i calcolatori. Lui stesso si riferiva a questo campo come uno in cui non sarebbe mai stato assegnato un Nobel (e, in realtà, si sbagliava), ma questo sottolinea ancora una volta lo spirito con cui Moser dedicò la sua vita alla ricerca. Non ho avuto la fortuna di conoscerlo, quindi la mia è una ricostruzione sulla base dei racconti di chi lo ha conosciuto: era sostanzialmente un visionario, uno che amava il suo lavoro e riteneva che fosse importante non tanto per il suo prestigio personale, quanto per l'avanzamento della società. Il calcolo scientifico in Europa negli anni '60 era certamente indietro rispetto agli Stati Uniti, ma sarà proprio il rinnegato americano Moser a porre le basi per un riscatto europeo, pienamente europeo nel senso comunitario del termine e con tutte le difficoltà che qualunque impresa comunitaria europea comporta.
![]() |
Circe, Kevin Nichols, Deviant Art, 2013 |
I computer stavano diventando sempre più potenti ma nessun Paese europeo, da solo, poteva riuscire a investire così tanto non solo in apparecchiature ma anche in risorse umane per creare un programma anche solo lontanamente competitivo con gli Stati Uniti. La Francia, così come altri Paesi, stava investendo nell'acquisto di queste macchine calcolatrici, ma usarle a tempo pieno richiedeva un gran numero di scienziati interessati a questi argomenti così nuovi e difficili per chi era abituato a lavorare davanti a una lavagna. Moser ebbe l'intuizione: usare la macchina francese (il cui nome, CIRCE evocava già un poema alla base della cultura europea) e metterla a disposizione di una comunità che poteva riunirsi a Parigi per decidere quali fossero le linee di ricerca più promettenti. Come la maga Circe trasformò i compagni di Ulisse in vari animali, la macchina CIRCE trasformò diversi fisici teorici in fisici computazionali, tutti riuniti nelle stanze del neonato CECAM, ad Orsay. Tutto cominciò con l'organizzazione dei famosi CECAM Workshop, che allora duravano diverse settimane (alcune volte anche due mesi): durante questi workshop gli scienziati potevano usare CIRCE per i calcoli e discutere insieme su un tema centrale di interesse.
Tutto questo sembra banale ma non lo era per il 1969 e non lo è ancora oggi: anzitutto Moser riuscì a convincere alcune istituzioni francesi a sostenere economicamente il progetto, ma grazie soprattutto alla sua rete di rapporti interpersonali (in cui evidentemente era un maestro), ottenne anche finanziamenti dall'Olanda e dall'Italia, prima di riuscire ad estendere la rete anche al Belgio, alla Germania e, successivamente, alla Gran Bretagna. Tuttavia i fondi non venivano usati soltanto per gli scienziati provenienti dai Paesi partecipanti, ma anche per chiunque avesse davvero intenzione di lavorare su questi argomenti: tutti contribuivano al successo dei famosi workshop iniziali del CECAM, inclusi i sovietici, i ricercatori dell'Europa orientale e, naturalmente, gli stessi americani. In pochissimo tempo, l'Europa diventò oggettivamente il centro degli sviluppi della fisica computazionale, o della chimica fisica o della chimica computazionale o comunque si voglia chiamare quel settore della fisica computazionale che si occupa di spiegare le proprietà delle molecole e le loro interazioni. La prima simulazione di una proteina fu presentata proprio ad un CECAM workshop nel 1976 e, da allora, il CECAM ha continuato a espandersi, un po' come l'Unione Europea: oggi conta come membri 25 organizzazioni scientifiche sparse in 14 Paesi (Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Israele, Italia, Slovenia, Spagna, Svezia, Svizzera, Olanda e Regno Unito). Tuttavia è bene ricordare che, esattamente come l'Unione Europea, ha conosciuto battute d'arresto e ha dovuto ripensarsi in più di un'occasione.
Già a fine anni '70 e inizio anni '80 proprio gli italiani (ahinoi, ci distinguiamo sempre!) avevano tentato di trasformare il proprio contributo finanziario al CECAM in fondi da destinare solo ai ricercatori italiani in visita a Orsay. Non era un'Italexit ma somigliava pericolosamente a un "prima gli italiani" ante litteram. La questione fu risolta brillantemente dallo stesso Moser, il quale sottolineò come in realtà fossero proprio gli italiani a beneficiare moltissimo del ricco programma di scambi, non soltanto per numero di visite quanto soprattutto per il costosissimo tempo macchina utilizzato. La risposta di Moser fu: "se tutti facessero come proponete, non soltanto non funzionerebbe il CECAM, ma sarebbero proprio gli italiani i primi a rimetterci". Convinse gli italiani che con il loro "prima gli italiani" si stavano dando una grandiosa zappa sui piedi: una lezione che, evidentemente, facciamo ancora fatica a comprendere...
E non finisce qui: a fine anni '80 si pose la questione di dover sostituire Moser, che stava per andare in pensione: era stato il padre fondatore e il sovrano illuminato del CECAM da ormai venti anni. Si decise quindi di mettere mano a uno statuto e che il direttore durasse non più di tre anni, per evitare che l'incarico diventasse più o meno confrontabile con un papato computazionale: del resto, a un sovrano illuminato nella storia spesso è seguito un pericoloso tiranno... A inizio anni '90, il Consiglio nazionale delle ricerche francese cominciò a reclamare gli spazi occupati dal CECAM a Orsay: dopo lunghe diatribe, il CECAM si trasferì nella nuova sede di Lione. Anche qui però non ebbe vita facile: si decise per un grande concorso internazionale che fu vinto da quella che è oggi la sede del quartier generale del CECAM, ovvero il Politecnico di Losanna.
Negli anni, diverse cose sono cambiate e certamente non in modo gattopardesco. Un esempio su tutti: non ci sono più i lunghi workshop, ma è abbastanza naturale. Oggi i calcolatori sono più o meno disponibili in diverse parti in Europa e non è più strettamente necessario recarsi di persona in un posto per lanciare dei calcoli. Si riducono quindi al minimo i viaggi e le spese e si organizzano workshop di pochi giorni (ne abbiamo organizzato anche uno a Trento proprio un anno fa).
A questo proposito, in questi giorni ci sarebbe da chiedersi qual è l'impatto sull'ambiente di noi scienziati quando andiamo alle conferenze: è stato suggerito da più parti che dovremmo cominciare a limitare i nostri spostamenti in aereo e usare prevalentemente il treno. Si potrebbe ad esempio fare in modo che le conferenze siano organizzate più o meno tutte nello stesso periodo dell'anno, in modo tale da non costringerci a più voli durante l'anno. Anche in tema di impatto ambientale posso ancora una volta dire che il CECAM è avanti: non soltanto a Losanna sono arrivato in treno, ma a tutti i partecipanti è stato donato un gadget per ricordare l'evento. Il gadget è quello che compare qui in fotografia e da qualche giorno ha sostituito il bicchiere di plastica monouso quando vado a mensa: speriamo sia di buon auspicio perché il CECAM possa festeggiare ancora tanti compleanni...
Già a fine anni '70 e inizio anni '80 proprio gli italiani (ahinoi, ci distinguiamo sempre!) avevano tentato di trasformare il proprio contributo finanziario al CECAM in fondi da destinare solo ai ricercatori italiani in visita a Orsay. Non era un'Italexit ma somigliava pericolosamente a un "prima gli italiani" ante litteram. La questione fu risolta brillantemente dallo stesso Moser, il quale sottolineò come in realtà fossero proprio gli italiani a beneficiare moltissimo del ricco programma di scambi, non soltanto per numero di visite quanto soprattutto per il costosissimo tempo macchina utilizzato. La risposta di Moser fu: "se tutti facessero come proponete, non soltanto non funzionerebbe il CECAM, ma sarebbero proprio gli italiani i primi a rimetterci". Convinse gli italiani che con il loro "prima gli italiani" si stavano dando una grandiosa zappa sui piedi: una lezione che, evidentemente, facciamo ancora fatica a comprendere...
E non finisce qui: a fine anni '80 si pose la questione di dover sostituire Moser, che stava per andare in pensione: era stato il padre fondatore e il sovrano illuminato del CECAM da ormai venti anni. Si decise quindi di mettere mano a uno statuto e che il direttore durasse non più di tre anni, per evitare che l'incarico diventasse più o meno confrontabile con un papato computazionale: del resto, a un sovrano illuminato nella storia spesso è seguito un pericoloso tiranno... A inizio anni '90, il Consiglio nazionale delle ricerche francese cominciò a reclamare gli spazi occupati dal CECAM a Orsay: dopo lunghe diatribe, il CECAM si trasferì nella nuova sede di Lione. Anche qui però non ebbe vita facile: si decise per un grande concorso internazionale che fu vinto da quella che è oggi la sede del quartier generale del CECAM, ovvero il Politecnico di Losanna.
Negli anni, diverse cose sono cambiate e certamente non in modo gattopardesco. Un esempio su tutti: non ci sono più i lunghi workshop, ma è abbastanza naturale. Oggi i calcolatori sono più o meno disponibili in diverse parti in Europa e non è più strettamente necessario recarsi di persona in un posto per lanciare dei calcoli. Si riducono quindi al minimo i viaggi e le spese e si organizzano workshop di pochi giorni (ne abbiamo organizzato anche uno a Trento proprio un anno fa).
A questo proposito, in questi giorni ci sarebbe da chiedersi qual è l'impatto sull'ambiente di noi scienziati quando andiamo alle conferenze: è stato suggerito da più parti che dovremmo cominciare a limitare i nostri spostamenti in aereo e usare prevalentemente il treno. Si potrebbe ad esempio fare in modo che le conferenze siano organizzate più o meno tutte nello stesso periodo dell'anno, in modo tale da non costringerci a più voli durante l'anno. Anche in tema di impatto ambientale posso ancora una volta dire che il CECAM è avanti: non soltanto a Losanna sono arrivato in treno, ma a tutti i partecipanti è stato donato un gadget per ricordare l'evento. Il gadget è quello che compare qui in fotografia e da qualche giorno ha sostituito il bicchiere di plastica monouso quando vado a mensa: speriamo sia di buon auspicio perché il CECAM possa festeggiare ancora tanti compleanni...
Nessun commento:
Posta un commento