martedì 11 febbraio 2020

Dal sogno alla realtà: la prima edizione della Scuola Invernale "Fisica della Cellula"

"Quando gli dei vogliono punirci, avverano i nostri desideri". Non so da dove io abbia preso la convinzione che questa sia una perla di saggezza dei greci: una rapida ricerca online mi ha permesso di verificare che la citazione è tratta dal libro "La mia Africa", di Karen Blixen. E' molto probabile che quindi la frase mi sia rimasta impressa a causa della sua trasposizione cinematografica ai tempi in cui ero un timido e impressionabile adolescente. Di fatto, è da quando sono qui a Trento che mi succede di pensarlo spesso. E mai come in questi ultimi mesi l'ho pensato diverse volte: insieme al mio collega Raffaello Potestio e con un impagabile aiuto della Divisione Relazioni Internazionali dell'Università di Trento, abbiamo organizzato la prima edizione della Scuola Invernale "Fisica della Cellula", che si è tenuta qui a Trento dal 19 al 31 gennaio 2020. Le parole per descrivere l'intera esperienza mi mancano e quindi le prenderò in prestito dal divertente resoconto di una partecipante spagnola, Carmen Majano López de Madrid. Anzitutto loro: i partecipanti. 20 studenti in tutto, di cui solo due italiani, pescati dall'Università di Trento. Gli altri 18 provenivano da Australia, Spagna, Cina, Germania, Corea del Sud, Giappone, Colombia, Bangladesh, Russia, Vietnam, Regno Unito e Sud Africa. Lascio però parlare Carmen e le sue impressioni, che saranno certamente più divertenti di qualunque mio racconto da "professorino"...

«Abbiamo avuto il piacere di partecipare a diverse lezioni, con scienziati provenienti da tutto il mondo che parlavano delle loro ricerche a cavallo tra fisica e biologia: un incontro necessario, ma impegnativo per alcuni aspetti. Vorrei condividere alcune idee e riflessioni: questo doveva essere un breve resoconto ma è difficile riassumere un corso così intensivo, per cui sarà una cronaca delle idee  o delle rivelazioni divertenti e curiose che ho avuto in queste due settimane.
Al primo giorno c'è stata una sessione introduttiva e una lezione del Prof. Gianluca Lattanzi che ci ha tracciato il quadro generale di ciò che avremmo approfondito nelle due settimane della scuola. Nel pomeriggio abbiamo preso parte a una visita guidata della città di Trento e abbiamo quindi potuto ammirarne le bellezze e conoscerne un po' la storia. Al secondo giorno, è stato il turno della Professoressa Sarah Harris (Università di Leeds, Regno Unito). Lei ha dedicato l'intera giornata a spiegarci i motori molecolari e ha detto una frase che mi ha molto colpita: "La Biologia non ha la cultura per creare teorie... i biologi tendono a raccogliere una mole incredibile di dati, con gli esperimenti, ma non provano a creare teorie predittive. In realtà c'è una sola teoria in biologia: la teoria dell'evoluzione, una teoria magnifica, ma è l'unica."
Abbiamo anche discusso con lei le sfide della comunità degli sviluppatori dei programmi software, come creare una comunità in cui i buoni programmi siano accessibili a tutti. Alcuni esempi includono: creare ponti tra scienziati e ingegneri informatici, commentare bene i programmi in modo che si possano comprendere, cercare sempre gli errori e verificare che non ce ne siano, fare in modo che siano facilmente utilizzabili dagli utenti... e anche qualcosa a cui non avevo mai pensato prima: riconoscere, dal punto di vista accademico, il lavoro svolto da chi scrive i programmi, perché raramente gli sviluppatori compaiono tra gli autori di qualunque articolo scientifico, e tuttavia c'è una quantità enorme di lavoro svolto da loro. In quel pomeriggio abbiamo anche imparato come usare il programma Visual Molecular Dynamics (VMD), un bellissimo strumento per la visualizzazione, come PyMol. Abbiamo giocato un po' con le strutture dell'ubiquitina e sono d'accordo con la Harris nel dire che ci si può davvero divertire con VMD e le strutture delle proteine disponibili nel Protein Data Bank. 
Al mercoledì il Prof. Potestio ha tenuto una lezione sui modelli "coarse grained", che sono stati un po' il leitmotiv di tutto il corso, probabilmente l'argomento più ricorrente nelle lezioni. C'è stata inoltre una breve presentazione di un gruppo di ricerca trentino che studia le radiazioni e le loro applicazioni alle terapie antitumorali. Nel pomeriggio abbiamo avuto la possibilità di visitare il Museo delle Scienze Muse: un posto fantastico, in cui si racconta principalmente la biodiversità della regione, ma che contiene anche altre esposizioni di carattere scientifico. In questo periodo, ad esempio, c'è una mostra temporanea sullo spazio, davvero divertente!
Al giovedì è stato il turno del Prof. Garegin Papoian (dagli Stati Uniti, ma di origine armena): la sua lezione è partita da un'introduzione molto provocatoria. Il suo sogno infatti è quello di riuscire a creare modelli per qualunque cellula, basandoci su quanto ne sappiamo. Vale a dire: se conosciamo il genoma e sappiamo quanto del suo DNA è espresso, vorremmo essere in grado di costruire un modello computazionale della cellula e "girare" esperimenti su di essa in modo molto più veloce ed economico. E' un obiettivo davvero ambizioso... nel frattempo però sta lavorando sul citoscheletro, un sistema che ho studiato durante il mio percorso di laurea triennale, ma a cui non ho mai dato una straordinaria importanza. Papoian però ne ha dato una descrizione magnifica: non mi ero mai sentita il prodotto del buon funzionamento del citoscheletro delle mie cellule, ma se ci pensiamo un attimo... come manteniamo la memoria? Ogni componente del nostro corpo viene costantemente riciclata: dopo un anno, praticamente niente nel nostro corpo è lo stesso rispetto all'anno precedente. Eppure manteniamo ricordi di 15 anni fa [Carmen, si vede che sei giovane! NdR]. Ma come? E' il citoscheletro che mantiene la forma nelle sinapsi. Impressionante, vero? E questo sistema fa un sacco di altre cose... integra i segnali e prende decisioni, spinge e genera forze... Non so, penso che avrei potuto scrivere un inno al citoscheletro dopo questa lezione! 
Ma lasciando il piano teorico, ci ha anche mostrato il software MEDYAN che permette di costruire modelli del citoscheletro. E' possibile visualizzare i filamenti di actina e di miosina... si possono rappresentare diverse situazioni cambiando i parametri e vedere le tensioni che si sviluppano o lo spazio che occupano nel tempo... e anche se questo software è pensato per il citoscheletro, è possibile utilizzarlo anche per altri oggetti, non solo di natura biologica!
Al venerdì c'è stata la lezione della Prof.ssa Patricia Faisca (Università di Lisbona) sul ripiegamento delle proteine. Questa lezione è stata molto interessante per me anche perché si trattava di un argomento del quale avevo una conoscenza introduttiva, che ho potuto guardare da una prospettiva radicalmente diversa. Provenendo dalla biologia, ascoltare un fisico o un ingegnere parlare di biologia confonde un po' la mente... a volte gli argomenti non sembrano neanche gli stessi! I fisici amano semplificare le cose a livello di "assumiamo che una mucca sia una sfera". Ecco, all'improvviso è successo questo alle proteine! Erano diventati reticoli! E tutto nella cellula, tutto dappertutto poteva essere rappresentato a livello "coarse grained". Nel pomeriggio, abbiamo lavorato a un programma che permetteva di esplorare le possibili conformazioni di una proteina con una simulazione Monte Carlo. E così è finita la prima settimana!
Abbiamo approfittato poi del fine settimana per esplorare i bellissimi dintorni di Trento, come si vede dalla fotografia qui sopra scattata al lago di Levico [molti studenti sono invece stati a Venezia, o a Verona, alcuni addirittura a Firenze, NdR].
Abbiamo poi ripreso al lunedì con le membrane: il Prof. Giuseppe Milano (Università di Salerno e  di Yamagata, in Giappone) ci ha spiegato i lipidi e il loro ruolo nelle membrane. Nella sessione pomeridiana abbiamo poi simulato una membrana usando il codice OCCAM con l'aiuto del Prof. Antonio De Nicola (Università di Yamagata, Giappone).
Al martedì il Prof. Mikko Karttunen (della Western University, Canada) ha tenuto una lezione in cui ha spiegato un po' di storia della scienza, il punto di partenza della filosofia naturale, e ci ha chiarito per quale motivo i fisici dovrebbero interessarsi alle cellule, confrontando le fibre del materiale di cui è composto lo Space Shuttle, il cotone e molte altre fibre presenti in natura, che sono simili su scale diverse, ma lavorano nello stesso modo. Ci ha anche spiegato il funzionamento di un liposoma che funziona come il mitico Pac-Man e permette di portare i farmaci nei compartimenti dove sono necessari... ma ci ha parlato soprattutto della divisione cellulare: e su questa abbiamo lavorato anche durante la sessione pratica del pomeriggio.
Il mercoledì è stato interamente dedicato ai fotorecettori, con una lezione tenuta dal Prof. Daniele Dell'Orco (Università di Verona). Per me è stata la lezione con più contenuti di biochimica: Dell'Orco ha spiegato molto dettagliatamente la cascata di segnali della rodopsina. In qualche modo è riuscito a renderla molto accessibile e comprensibile anche per i fisici. Ci ha raccontato la storia di tutte le scoperte che hanno portato al quadro attuale della nostra comprensione della visione: ha anche incluso un tocco personale all'argomento e le più recenti scoperte, come il livello di organizzazione delle rodopsine nella membrana. Ci ha anche mostrato come queste ricerche possano essere di aiuto per curare alcune malattie congenite, come l'amaurosi di Leber. E' stata una lezione davvero molto bella e la sessione pomeridiana ci ha permesso di creare modelli per alcune semplici reazioni a cascata con IQMTools. Devo ammettere che per tutto il resto della mia permanenza a Trento, non ho più potuto guardare un'alba, un tramonto o il cielo notturno senza fare qualche battuta sui coni e i bastoncelli!
E per finire, giovedì 29 il Prof. Ralf Everaers (Università di Lione) ha nuovamente cambiato argomento, parlandoci questa volta del DNA. Ha cominciato con un'introduzione che però era un po' diversa dal solito: ci ha detto che in realtà tutti noi conosciamo bene l'introduzione. Forse troppo bene. Diamo le cose per scontate e perdiamo il senso della meraviglia e della scoperta dietro tutte queste cose che, per molto tempo, hanno rappresentato dei veri e propri misteri che attendevano di essere scoperti. Se il nostro sistema educativo si basa sulla semplice memorizzazione di questi fatti, perdiamo il senso di questa meraviglia. Sono d'accordo con il suo punto di vista sulla nostra formazione: penso che davvero dovremmo porre più l'accento su come siamo arrivati alle conclusioni che oggi consideriamo come ovvi fatti naturali. Del resto, si dice che qualche volta il viaggio è più importante della destinazione!
Ho trovato molto divertente una riflessione sulla lunghezza totale del DNA impacchettato nei nostri corpi: se ciascun cromosoma è lungo circa 5 cm, ogni cellula contiene più o meno 2 metri di DNA. Se moltiplichiamo questo numero per i 37 miliardi di cellule del nostro corpo, troviamo che ci portiamo nei nostri corpi circa 74 milioni di km di DNA: due persone insieme hanno talmente tanto DNA da coprire la distanza tra la Terra e il Sole. Impressionante, vero?
Ad ogni modo, il Prof. Everaers ha trattato il DNA come un polimero, in una specie di puzzle geometrico. A questo punto della scuola invernale per me tutto questo non era più una sorpresa, ma l'ho trovato comunque affascinante. Ha descritto i cromosomi come dei polimeri territoriali e ha spiegato il loro comportamento con formule che includevano torsione, lunghezza di persistenza, elasticità... il che è un po' troppo confuso e complicato per me, ma... abbiamo alternato la sua lezione con delle sessioni al computer con il Prof. Angelo Rosa (SISSA, Trieste) e ho potuto comprendere, almeno a livello superficiale, i principi di base e la matematica richiesta (spero di capirne un po' di più completando la mia sessione pratica su questo argomento).
Questa è stata l'ultima lezione. Al venerdì abbiamo partecipato a una sessione finale in cui abbiamo potuto esprimere la nostra visione al termine di questa esperienza, con il Prof. Lattanzi e il Prof. Potestio. Abbiamo potuto esprimere anche la nostra opinione sui punti di forza e di debolezza della scuola e c'è stato persino il modo e il tempo di discutere della presenza delle donne nelle scienze cosiddette STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics, NdR). In questo corso, fra gli studenti, eravamo 9 donne e 11 uomini, un buon numero in realtà... ma le professoresse donne erano solo 2 su 13. E' sempre opportuno ricordare che dobbiamo lavorare tutti in direzione dell'uguaglianza di genere, specialmente in campi come la fisica o l'informatica, dove la percentuale di donne è molto, molto più piccola [Carmen, sai bene che non potrei essere più d'accordo e che sto cercando, nel mio piccolo, di fare in modo che davvero non ci siano disparità di genere e non perché io desideri quote rosa, ma semplicemente perché credo fermamente nella diversità come valore aggiunto di un qualunque gruppo umano, NdR].
Wow! Credo che la lunghezza di questo riassunto abbia superato un bel po' quanto mi aspettavo. Non è stato certo un bell'esempio di "coarse graining"... ma se volete davvero un'opinione "coarse grained": è stata davvero un'esperienza fantastica e molto positiva! Quello che amo di più dei progetti interdisciplinari è che c'è sempre spazio per imparare. Per mettere alla prova le tue prospettive sullo stesso argomento... senti davvero che c'è un'enorme conoscenza da acquisire e tutto questo ti permette di crescere in tante direzioni e con tanti approcci. Sono arrivata a Trento sapendo cosa fossero una proteina o il DNA, almeno secondo i miei schemi mentali. Tuttavia in queste settimane sono stata costretta a mettere in discussione questi schemi e a volare con queste mucche sferiche per guardare il tutto da nuove prospettive, e lasciare un po' andar via le mie convinzioni su cosa sia una cellula, o una proteina, il DNA, o la vita, in generale.
Vorrei ringraziare l'Università di Trento per aver organizzato questa scuola invernale e aver creato questo spazio per imparare a fare scienza e per poter socializzare con studenti da tutto il mondo. Un grazie particolare all'Ufficio Relazioni Internazionali, ai professori Lattanzi e Potestio e, naturalmente, a Greta e Arianna [due studentesse dell'Università di Trento che hanno accompagnato i partecipanti in giro, NdR] che ci hanno aiutato con tutto.»
Un grazie a te, Carmen. Qualunque cosa io possa aggiungere, sarebbe superflua.

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