
No, non sono impazzito, né è passata Benedetta Rossi a soffiarmi il blog (anche perché il suo ha moooolto più seguito). Ci tenevo però a darvi questa ricetta anti-covid: già, perché tre degli ingredienti del risotto al radicchio rosso (con una variante tutta mia) contengono quercetina, una molecola che, secondo un recentissimo studio condotto dall'Istituto di Nanotecnologia del nostro Consiglio Nazionale delle Ricerche, in collaborazione con le Università di Saragozza e Madrid, sarebbe potenzialmente in grado di bloccare la replicazione del protagonista assoluto di questo 2020, ovvero il Sars-CoV-2.Si tratta di una ricerca molto interessante, non solo per le possibili implicazioni, ma per due motivi: il primo è che ne vorrei approfittare per spiegare come funzionano queste ricerche che coinvolgono la biofisica computazionale; il secondo, non meno importante, è per l'attenzione che i media italiani hanno dato al risultato. C'è mancato poco che qualcuno tirasse fuori la ricetta del risotto anti-covid prima di me!
Procediamo con ordine: tutti i virus hanno bisogno di costruire le proprie proteine per potersi replicare. Lo fanno con un vero e proprio dirottamento delle nostre cellule, che cominciano a produrre copie del virus, anziché svolgere le loro funzioni. Il tutto va avanti finché il nostro sistema immunitario non riesce a produrre una risposta anticorpale per contrastare la diffusione e la replicazione del virus. Tra le proteine implicate nei meccanismi di replicazione virale, la cosiddetta proteasi principale (Mpro dall'inglese main protease) o 3CL-pro svolge un ruolo di primaria importanza (ormai ho capito che mescolare acronimi è un modo per i biologi di preservare il loro campo dagli intrusi: tipo la parola d'ordine per entrare in un gruppo segreto). Bloccarla significa non soltanto bloccare la replicazione del Sars-CoV-2, ma anche di altri futuri coronavirus, dato che è praticamente conservata in tutti i coronavirus che conosciamo. Trovare molecole che blocchino questa proteina quindi è persino meglio del vaccino: il virus non si replica più e il nostro sistema immunitario riuscirebbe tranquillamente a gestire la situazione.
Procediamo con ordine: tutti i virus hanno bisogno di costruire le proprie proteine per potersi replicare. Lo fanno con un vero e proprio dirottamento delle nostre cellule, che cominciano a produrre copie del virus, anziché svolgere le loro funzioni. Il tutto va avanti finché il nostro sistema immunitario non riesce a produrre una risposta anticorpale per contrastare la diffusione e la replicazione del virus. Tra le proteine implicate nei meccanismi di replicazione virale, la cosiddetta proteasi principale (Mpro dall'inglese main protease) o 3CL-pro svolge un ruolo di primaria importanza (ormai ho capito che mescolare acronimi è un modo per i biologi di preservare il loro campo dagli intrusi: tipo la parola d'ordine per entrare in un gruppo segreto). Bloccarla significa non soltanto bloccare la replicazione del Sars-CoV-2, ma anche di altri futuri coronavirus, dato che è praticamente conservata in tutti i coronavirus che conosciamo. Trovare molecole che blocchino questa proteina quindi è persino meglio del vaccino: il virus non si replica più e il nostro sistema immunitario riuscirebbe tranquillamente a gestire la situazione.
La domanda è: esistono molecole in grado di bloccarla? Questo è stato il punto di partenza della ricerca appena pubblicata: i ricercatori hanno passato in rassegna una vera e propria libreria di 150 composti chimici alla ricerca di questa molecola. Tra questi composti chimici c'erano anche alcune molecole che costituiscono i principi attivi di farmaci già presenti sul mercato e dei quali, quindi, conosciamo eventuali effetti collaterali. Questo è un passaggio non banale: un nuovo farmaco non è mai una pozione magica che miracolosamente sconfigge una malattia, ma deve seguire rigidi protocolli per poter arrivare sul mercato. E non è detto che ci resti, visto che alcuni effetti collaterali potrebbero insorgere anche dopo parecchi mesi o anni. Esistono farmaci che prima erano da banco e ora possiamo acquistare solo su prescrizione medica: non è un capriccio dei medici curanti, ma il segnale che assumere quel farmaco è potenzialmente pericoloso e quindi la decisione spetta al medico e non al paziente. Tuttavia esistono tantissimi farmaci in commercio: ora, pensate se uno di questi farmaci che magari assumiamo per combattere (per fare un esempio) un dolore muscolare si rivelasse attivo per bloccare la 3CL-pro e quindi la replicazione del Sars-Cov-2. Quel farmaco sarebbe già immediatamente disponibile, magari anche in grandi quantità e presto potremmo tornare a riabbracciare gli sconosciuti, andare al cinema, a teatro, a lezione, in discoteca, in palestra...

Ecco, trovare un nuovo impiego per un farmaco corrisponde al termine inglese drug-repurposing, che in italiano non saprei tradurre meglio che "riutilizzo" o riciclo del farmaco, un po' come quando riutilizziamo vecchi oggetti per un nuovo scopo, anche se il termine inglese "purpose" implica uno scopo che invece il termine italiano non riesce a rappresentare. Ma non mi fate avventurare nella semantica che poi non la finisco più...
Su queste 150 molecole quindi si sperava di trovarne qualcuna che potesse essere riutilizzata anche come inibitore della 3CL-pro: si tratta di una caratterizzazione molto accurata, che passa attraverso rigidi protocolli sperimentali e tecniche sofisticate di biofisica e biochimica. Gli autori infatti affermano che è proprio questa la parte più interessante del loro studio. Il risultato però è stato quantomeno sorprendente: il migliore inibitore (tra le 150 molecole analizzate) è proprio la quercetina, una molecola già abbastanza prodigiosa dato che possiede proprietà antiossidanti, antiallergiche e antinfiammatorie. Inoltre, è ottimamente tollerata dal nostro organismo, dato che è contenuta in alcuni alimenti di uso piuttosto comune, quali appunto il radicchio rosso, la cipolla rossa e i capperi.Qui però, per quanto riguarda me e la biofisica computazionale, viene il bello: perché i ricercatori non si sono limitati ad organizzare questa simpatica gara fra molecole, proclamando la quercetina medaglia d'oro. Gli scienziati (chiedete a chi li frequenta) sono persone molto curiose, molto pignole e incontentabili: vogliono capire perché la quercetina sì e (per esempio) l'acido acetilsalicilico (sarebbe l'aspirina) no. Per farlo, è necessario considerare la struttura cristallografica della 3CL-pro e trovare un possibile punto di attracco per la quercetina (o per l'aspirina). Questa procedura si chiama docking, ovvero attracco e richiede l'impiego dei calcolatori. Si tratta di un passaggio importante, perché solo così si può capire come mai questa molecola può funzionare per inibire la 3CL-pro. In questo caso, gli autori hanno utilizzato un docking rigido, ovvero hanno trattato la proteina come un oggetto fermo in cui inserire il farmaco, come se fossero due pezzi di un puzzle che devono combaciare. Si tratta di un approccio poco dispendioso, ma non molto rigoroso: sappiamo bene che le proteine si muovono e sarebbe più corretto procedere con un docking in cui la proteina è libera di muoversi. E' chiaro però che far muovere le proteine secondo le leggi della fisica richiede un approccio di biofisica computazionale che costa molto di più del docking rigido. Potrebbe essere un'idea (ci sono laureandi interessati?) studiare il docking della quercetina sulla 3CL-pro libera di muoversi, ma sarebbe stato impensabile tentare il docking dei 150 farmaci della libreria originale. Le ragioni per il docking però non riguardano solo la semplice curiosità: capire come si lega la quercetina potrebbe aiutare a disegnare una molecola simile alla quercetina, ma magari ancora più potente. E' un processo noto come ottimizzazione del farmaco e richiede però un punto di partenza nella definizione del meccanismo di inibizione.
Ma quindi? Possiamo sconfiggere la pandemia da Covid-19 con il mio risotto al radicchio rosso? Ecco, secondo alcuni giornali italiani anche sì: nei giorni scorsi sono usciti articoli dai titoli più fantasiosi persino sui quotidiani nazionali più rispettabili. E peggio ancora sui social: la mia bacheca di facebook si è riempita di consigli nutrizionali contro il Covid-19 accompagnati da sano orgoglio per la cucina patria, perché noi meridionali abbiamo sempre detto che la cipolla rossa e i capperi fanno bene! Siamo meno entusiasti del radicchio rosso, ma la mia bacheca è frequentata soprattutto da meridionali e abitanti del Triveneto, quindi ho potuto apprezzare la quercetina in tutte le sue espressioni. Tuttavia, la ricerca è molto più seria, come spero abbiate potuto apprezzare da questo mio post: gli autori infatti usano moltissima cautela, precisando che si tratta di uno studio "in vitro", ovvero realizzato sulla proteina 3CL-pro in condizioni che sono ben lontane dalla situazione che si verifica all'interno di una cellula. Per intenderci, la quercetina potrebbe essere sequestrata da altre proteine prima di arrivare al suo bersaglio 3CL-pro: per capire se effettivamente potrà aiutarci nella lotta contro il Covid-19 sono necessari studi farmacologici "in vivo", che richiedono protocolli decisamente più lunghi. Chissà però che gli studi "in silico" (con il docking flessibile e l'ottimizzazione della quercetina) non riescano a scovare qualche molecola ancora più promettente.
Nel frattempo, come direbbe la già citata Benedetta Rossi col suo simpatico accento: "vi dò un gonziglio furbo: provatelo sto risotto. Non è detto che vi aiuti a guarire dal Govid-digiannove, ma indando male non fa. Ed è pure molto gustoso".
Complimenti! Meriteresti platee molto più ampie. Pura divulgazione con tono leggero e linguaggio semplice. Dove la semplicità è l'ostacolo più duro da superare, vinci per distacco questo gran premio della montagna!Bravo
RispondiEliminaMolto gentile, grazie!
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