lunedì 11 giugno 2018

Pronti per la prova costume?

Dal titolo del post dovrebbe essere chiaro l'argomento di questo mese: i grassi, che però indicherò con il loro termine scientifico che suona più elegante per il solito vizio italiano di sentirsi più fighi o meglio, più "cool" utilizzando termini di una lingua diversa, in particolare della lingua franca più usata. Oggi è l'inglese ma ai tempi dei romani era il greco, per cui il termine scientifico con cui vengono chiamati i grassi è "lipidi". Tranquilli, però: che siate o meno pronti per la prova costume, non dispenserò consigli su come perdere i chili di troppo, anche perché ne avrei bisogno io. Cercherò invece di descrivere alcuni aspetti delle ricerche sui lipidi in biofisica computazionale, partendo dal perché sono importanti, descrivendo come possono essere studiati e riportando i risultati di uno studio canadese apparso qualche giorno fa sul Biophysical Journal, la rivista americana di riferimento per la comunità dei biofisici.
Anzitutto: è importante che ci siano i lipidi? Beh, è molto difficile che l'evoluzione conservi molecole o interi macchinari molecolari se non sono utili, quindi la mia è chiaramente una domanda retorica. I lipidi sono importantissimi, in particolare perché costituiscono i componenti principali (in larghissima misura) delle membrane cellulari e di tutte le membrane presenti anche all'interno delle cellule: quelle che separano gli organelli, per esempio, ma anche quella che avvolge il nucleo, detta anche membrana nucleare (ma non ha nulla a che fare con Hiroshima, Nagasaki, Chernobyl o Fukushima). 
Una membrana cellulare (ne avevo già parlato in un post precedente) è quasi sempre costituita da un doppio strato di lipidi, come nella figura qui accanto. Come potete vedere, i lipidi sono caratterizzati dal fatto di avere una parte, chiamata testa e una o più code. Ma come fanno i lipidi a mettersi d'accordo per formare una membrana? Ci riescono grazie a quegli aggettivi che trovate in figura: le teste sono polari, mentre le code sono apolari. Cosa significa? Che le teste hanno una distribuzione di carica elettrica con una polarità, cioè più cariche dello stesso segno da una parte rispetto all'altra. Questa proprietà è caratteristica anche delle molecole di acqua che infatti hanno una carica negativa prevalente sull'atomo di ossigeno e una carica positiva prevalente distribuita sui due atomi di idrogeno. Ebbene, molecole polari tendono a stare insieme, semplicemente perché le cariche elettriche sulla loro superficie tendono ad attrarsi, soprattutto quando le molecole hanno la possibilità di ruotare come meglio credono. Questo è il caso delle molecole di acqua, che infatti si dispongono in prossimità delle teste dei lipidi. Infatti, le teste dei lipidi sono chiamate anche idrofile, ovvero amanti dell'acqua: in realtà l'amore è dovuto alle forze di natura elettrostatica, con buona pace del romanticismo. Al contrario, le code dei lipidi sono apolari e non amano essere a contatto con l'acqua, al punto che vengono dette idrofobe. In realtà non è che proprio stiano male a contatto con l'acqua: l'effetto idrofobico è dovuto soprattutto al fatto che le molecole di acqua sono costrette a interagire tra loro, dato che non interagiscono con le code e così formano delle specie di gabbie intorno alle molecole idrofobiche. Una gabbia corrisponde a molecole ordinate e la termodinamica di dice che in realtà è sempre il disordine (o gli stati di maggiore entropia) a prevalere, come sa chiunque sia mai entrato in casa mia.
Questa schematizzazione molto semplificata dei lipidi funziona talmente bene che è possibile sviluppare campi di forza (ne ho parlato precedentemente) ad hoc per i lipidi, senza doverne necessariamente rappresentare tutti gli atomi. Uno dei più noti è chiamato Martini, ma non ha nulla a che fare con il cocktail anche se ha provocato e tuttora provoca qualche stato di alterazione e dipendenza. Infatti Martini utilizza una rappresentazione ridotta dei lipidi, per cui c'è un bel risparmio sia nel numero di elementi presenti in una simulazione, sia perché è possibile utilizzare passi temporali (il famoso ∆t, di cui ho già parlato) più grandi. C'è quindi un gran risparmio usando Martini e spesso i risultati sono confrontabili con quelli ottenuti con più costose simulazioni che includano il dettaglio atomico.
Il recentissimo studio canadese da parte di Bennet, Shea e Tieleman (il quale è stato tra i fondatori di Martini) appena pubblicato sul Biophysical Journal ha però chiarito molto bene cosa Martini può fare e cosa non riesce ancora a fare e forse non potrà mai fare. Anzitutto partiamo dall'oggetto dello studio che è una molecola di cui tutti abbiamo sentito parlare, almeno nella pubblicità, con forte preoccupazione: si tratta di questa molecola qui accanto, famosa con il nome di colesterolo. Le pubblicità ci dicono quanto sia pericoloso avere alti livelli di colesterolo nel sangue, ma in realtà non ci dicono che spesso la sua presenza non è legata strettamente alla dieta (dato che lo produciamo noi stessi), e che il colesterolo è essenziale per il buon funzionamento non solo delle cellule in generale, ma del sistema nervoso in particolare. Meno noto è il perché: si sa che ha un effetto stabilizzante sulle membrane, ma come?
Lo studio canadese parte dalle simulazioni in dinamica molecolare di una miscela contenente due diversi tipi di lipidi e il colesterolo: ebbene, il colesterolo sembra avere un ruolo importante nel fare in modo che si formino dei domini, ovvero delle regioni contenenti un solo tipo di lipide. Per visualizzare meglio l'effetto, riporto qui a lato la figura 1 dell'articolo. Nella figura A c'è la configurazione di partenza e nella B lo stesso sistema dopo una simulazione di 10 microsecondi, ovvero 10 millesimi di secondo: i due tipi di lipidi sono rappresentati in rosso e in blu, mentre il colesterolo è in giallo. Come potente notare, l'effetto del colesterolo è proprio quello di formare delle isole più grandi di rosso (i domini) in un mare di blu.
La formazione di domini fortemente caratterizzati in termini di contenuto lipidico è una proprietà importante delle membrane, perché permette alle proteine di membrana (ne ho parlato nel post di ottobre) di accumularsi in determinate zone. Non solo: spesso le proteine che si accumulano in queste zone sono anche quelle che possono essere attaccate dal nostro sistema immunitario.
Queste regioni sono note con il termine di "lipid rafts" che in italiano suona come "zattera lipidica", anche se per il nostro immaginario italiano la zattera è fatta di tronchi. In realtà si tratta delle zattere che si usano per fare "rafting" appunto, tanto che un'azienda tedesca collegata all'Istituto Max Planck per la Biologia Molecolare e Cellulare di Dresda ne ha fatto una simpatica parodia che potete vedere qui a lato.
Fin qui, tutto bene sul fronte Martini: in effetti i risultati ottenuti con Martini (risparmiando molto tempo di calcolo) sono stati confrontati con quelli ricavati utilizzando campi di forza che includevano tutti i dettagli atomistici. La formazione dei domini è confermata, così come tutte le predizioni strutturali riguardanti le membrane, anche con diverse concentrazioni delle molecole.I dolori però sono cominciati quando hanno cercato di ottenere dati termodinamici, che possono essere confrontati con gli esperimenti: i calcoli hanno mostrato che i modelli ottenuti con Martini non riuscivano a riprodurre i contributi dovuti proprio all'entropia, che venivano tipicamente sottostimati.
Pensandoci bene, non è così sorprendente: se prendiamo un gruppo di persone, questo ci sembrerà compatto (anche pericolosamente compatto) e tenderemo a pensare che sia anche piuttosto ordinato, nel senso che tutti la pensano allo stesso modo. Le cose cambiano (e di parecchio) quando andiamo a osservare i singoli: ognuno di noi è diverso dall'altro e si comporta in modo (più o meno) autonomo. Se cerchiamo di calcolare il numero di possibilità che ha un gruppo di persone (un po' quello che misuriamo con l'entropia), questo sarà molto più grande del numero di possibilità del gruppo, anche semplicemente per come lo rappresentiamo: un gruppo può sciogliersi o andare in ben determinate direzioni, precisamente 6 in uno spazio a tre dimensioni. Questo è quanto accade ai calcoli termodinamici con Martini: non riescono a riprodurre i contributi entropici e questi sono fondamentali per spiegare la termodinamica delle membrane. Il messaggio finale dell'articolo è quindi: ok, usiamo pure Martini per determinare la struttura delle membrane, ma non fidiamoci troppo dei calcoli termodinamici. Questo può essere, se vogliamo, un dettaglio tecnico, ma cerchiamo di trovare qualcosa di più interessante per la nostra vita di tutti i giorni: abbiamo scoperto che il colesterolo serve, eccome se serve! Ricordiamocene quando ci troviamo davanti a un bel pezzo di formaggio, sempre nei limiti imposti dalla fatidica prova costume...

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