Recenti discussioni con colleghi mi hanno portato a riflettere su un aspetto importante che probabilmente do un po' per scontato quando insegno: il ruolo del solvente. Il punto è che sono così attratto dalla componente biologica del mio lavoro che tendo a spazientirmi quando sento parlare di modelli a solvente implicito. Sbaglio perché in amore ci vuole pazienza, ma in campo scientifico ce ne vuole anche di più. Anche se in campo scientifico si può stare tranquilli che la pazienza verrà ripagata, magari non come ci aspettiamo ma in qualche modo che ci sorprenderà. In amore vai a capire (e poi magari me lo spieghi se l'hai capito). Ma cosa intendiamo per solvente implicito e perché è così importante il solvente in biologia? Meglio partire dalla seconda domanda, anche perché dopo il mio debutto teatrale (tra l'altro ora sarà anche dal vivo e senza la possibilità di registrare, per cui sto vivendo giorni di puro terrore) è inutile che io tenti ancora di nascondere il mio amore per la biologia e l'uso strumentale che ormai da decenni faccio della fisica. Del resto, meglio mettere in chiaro le proprie passioni: probabilmente si perde un po' la possibilità di piacere a tutti, ma si guadagna l'innegabile vantaggio di essere se stessi.
Il solvente non è solo importante in biologia: è fondamentale. Nel senso che, senza solvente, la vita semplicemente non è. Come ho avuto modo già di scrivere su questo blog e francamente non ricordo neanche dove lo avessi letto, le nostre cellule sono una chiara evidenza del fatto che l'inizio della nostra evoluzione sia avvenuto in mare, non sulla terraferma. Anzi, le cellule sono state un dispositivo messo a punto dall'evoluzione per portare a spasso l'ambiente marino anche sulla terraferma. All'interno delle cellule c'è tanta, ma proprio tanta acqua. E poi ci sono gli ioni, cariche negative o positive, piccole molecole o anche singoli atomi carichi che vanno a spasso accompagnati dai loro gusci d'acqua e molto spesso determinano la funzione delle proteine e dei complessi biomolecolari presenti. La regolazione della composizione dell'ambiente cellulare è nota come omeostasi, nel senso che si tratta di qualcosa che deve essere mantenuto entro certi limiti ben definiti per permettere alla cellula di poter sopravvivere e svolgere le sue funzioni. Diverse proteine presiedono alla funzione omeostatica: i canali ionici, di cui ho già parlato, ovvero dei pori nella membrana che lasciano passare in modo selettivo alcuni ioni e non altri, oppure le acquaporine, pori che lasciano permeare l'acqua, solo per fare due esempi.
Si potrebbe obiettare: certo, ma ci sono tantissime altre cose presenti nelle cellule. Organelli, vescicole, acidi nucleici, sostanze di ogni tipo: non si può inserire tutto nei modelli altrimenti non si riesce a descrivere niente. Sarebbe un po' chiedere di conoscere tutta la vita di una persona quando la incontriamo per poter capire se ci piace o no. A un certo punto dobbiamo fidarci, portare avanti le nostra scelta e affrontare le eventuali aspettative deluse cercando un compromesso. E' così anche con i modelli per lo studio della biologia: sarebbe impensabile inserire ogni singolo dettaglio e non è neanche detto che tutti i singoli dettagli ci permettano di cogliere la visione d'insieme. A un certo punto dobbiamo fidarci di quello che dicono i modelli, isolare i comportamenti che riusciamo a comprendere, mettere da parte quelli incomprensibili e concentrarci sulle possibilità rimaste. Il punto è che tutto questo va bene, con una sola eccezione: l'acqua.
L'acqua è imprescindibile, una cellula senz'acqua è come una parmigiana senza frittura: semplicemente non è. E non solo una cellula: anche una proteina senz'acqua semplicemente non è, non può esistere, non si forma, non resta stabile. E' l'acqua a permettere alla proteina di trovare la sua forma tridimensionale: gli amminoacidi idrofobici (cioè quelli che non amano il contatto con l'acqua) migrano all'interno della struttura proteica, mentre quelli idrofilici vanno verso l'esterno. Fin qui si potrebbe dire: ok, ma posso semplicemente inserire questo effetto con delle forze che spingono gli amminoacidi idrofobici verso l'interno e quelli idrofilici verso l'esterno. No, perché conta anche come vanno verso l'interno e come vanno verso l'esterno: tutto questo è regolato dall'acqua presente. Ci sono poi gli effetti dovuti alle cariche elettriche. Anche qui certo, si potrebbe semplicemente sostenere che basta giocare un po' sui parametri. Del resto, si sa che le forze di attrazione o repulsione elettrostatica sono più deboli in acqua rispetto all'aria: basta indebolirle e il gioco è fatto. Il punto è anche di quanto indebolirle: quel fattore è chiamato costante dielettrica e se è vero che ne possiamo determinare il valore quando abbiamo a che fare con un bicchiere d'acqua, è molto più complicato farlo quando siamo in prossimità di una proteina, a causa dei cosiddetti effetti di interfaccia. E come inserire la presenza degli ioni? Sono cariche elettriche, vanno a posizionarsi in prossimità di altre cariche elettriche presenti sulla superficie della proteina e ne alterano completamente la risposta ai campi elettrici. E' necessario quindi inserire l'acqua con la maggior parte dei suoi gloriosi dettagli (anche su questi ci sono modelli più precisi e meno precisi, ma concordano nel fatto che sia necessario rappresentarla con almeno tre palline, una per l'ossigeno e due per l'idrogeno). I modelli che utilizzano le molecole di acqua con questa minima rappresentazione a tre palline si chiamano modelli a solvente esplicito. Quelli che invece cercano di modificare le interazioni tra amminoacidi o singoli atomi per inserire l'effetto del solvente, senza però mai rappresentarlo, si chiamano a solvente implicito.
Il solvente esplicito è chiaramente più rigoroso, permette di studiare meglio i sistemi e ottenere anche confronti un po' più sensati con la realtà degli esperimenti. Tuttavia soffre di un problema enorme: è necessario inserire tantissime molecole di acqua, a tal punto che in una normale simulazione di una proteina, si può dire che quasi il 70% del tempo di calcolo è dedicato ai movimenti delle molecole di acqua. E' chiaro quindi che il solvente implicito permetterebbe di diminuire i tempi di calcolo in modo significativo: il punto è che anche questo è solo parzialmente vero. Se infatti è vero che diminuiamo il numero di palline presenti in una simulazione (eliminando le molecole di acqua), c'è però un problema: spesso sono proprio le molecole di acqua a mediare le interazioni fra amminoacidi e hanno anche il grosso difetto di non amare molto la monogamia, per via di quelle cariche positive e negative distribuite su tre atomi. Il risultato è che una molecola di acqua può interagire con due amminoacidi o con altre molecole di acqua che interagiscono a loro volta con altri amminoacidi. Tutto questo non sarebbe un grosso problema se questi gruppi di 3, 4, 5 amminoacidi legati tra loro da molecole di acqua in comune avessero un legame a 3,4, 5 amminoacidi più deboli di un legame che ne mette insieme 2: un po' come in una relazione di coppia c'è il partner fisso con cui esiste un legame forte e altri variabili con cui esistono legami deboli. Ne conosco parecchie di queste situazioni e tutto sommato se la cavano anche abbastanza bene: una coppia aperta, sostanzialmente. La coppia però c'è e descrive piuttosto bene la vita delle due persone.
Il punto è che gli amminoacidi con l'acqua fanno qualcosa di simile alle cosiddette relazioni poliamorose: quei legami a 3,4, 5 corpi sono forti tanto quanto i legami a 2 e bisogna tenerne conto nei calcoli. Il risultato netto è che un modello a solvente implicito "poliamoroso" (passatemi il termine) necessita di un bel po' di termini a 3 e 4 corpi che appesantiscono il calcolo a tal punto che su proteine grosse il guadagno rispetto al solvente esplicito è un fattore 5 o al massimo 10. E allora perché rinunciare a un modello più rigoroso quando il tempo guadagnato non è così impressionante? Ecco, la mia risposta in questo caso è una e una sola: al massimo per vedere se funzionano o fin dove funzionano. E concentrarsi sul perché non funzionano: è una domanda legittima in fisica, interessante anche dal punto di vista matematico. Non venitemi però a parlare di significato biologico nei modelli a solvente implicito, perché a me verrà in mente il poliamore e preferisco che quello resti tra le tendenze dell'estate post-pandemia.
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