Non vedo Leonardo e la sua splendida famiglia da diversi anni, anche se siamo sempre in contatto e ci scambiamo gli auguri o qualche messaggio attraverso i canali social e privati. Sto parlando di Leonardo Guidoni, professore di Chimica Fisica presso l'Università degli studi dell'Aquila: per me però resta Leonardo, ovvero un mio compagno di studi dei tempi del dottorato alla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati, la SISSA di Trieste. Perché questo mese parlo di Leonardo? Perché ne ha combinata una grossa, ovvero ha contribuito a portare luce (è il caso di dirlo) sull'ultimo tassello del complicatissimo puzzle sulla fotosintesi. I risultati delle sue ricerche sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista Nature pochissimi giorni fa e ho deciso di limitarmi a qualche timido, oserei dire accademico, like sui suoi post su facebook perché volevo riservargli la sorpresa per questa puntata del blog: avrei potuto chiamarlo e intervistarlo, ma la sorpresa è più nel mio stile, sono sicuro che la apprezzerà.
Premessa: la fotosintesi è uno di quei processi biologici nei quali ho sbattuto la testa sul mio libro di biologia del liceo. Sì, sempre lui, quello che ancora custodisco a casa e che consulto un po' per tenerezza, un po' perché mi piace vedere quante cose sono state comprese da quell'edizione del 1987 ad oggi. E' elettrizzante. Ogni volta che lo apro (anche nei momenti più bui), mi restituisce la fiducia nel futuro. L'ho fatto persino durante la pandemia: era il mio tranquillante segreto, il mio "andrà tutto bene" personale. Qui a lato metto una fotografia della pagina del mio libro di biologia che parla appunto della fotosintesi con quel tenero commento scritto a matita (ho sempre avuto rispetto per i libri) "lunghezze d'onda = radiazioni luminose". Certo, non potevo mica capire le onde elettromagnetiche come le conosco oggi! E' pazzesco per me vedere come la mia curiosità per la fisica spesso sia nata dal desiderio di capire la biologia, con ostinazione: non è un caso che le parti della fisica che in futuro mi avrebbero affascinato maggiormente (le onde elettromagnetiche e l'ottica sopra tutte) abbiano sempre a che fare con annotazioni su quel "maledetto" libro. Alla pagina successiva c'è anche riportata una data: 8 febbraio 1989, la data in cui mi ero imbattuto in questo capitolo e ricordo benissimo quanto ci ho ragionato su perché l'idea che la luce fosse in grado di liberare elettroni e produrre energia mi piaceva troppo, anche se i passaggi mi erano oscuri. Quello che a febbraio 1989 non potevo certamente sapere era che molti di quei passaggi erano oscuri sicuramente al mio professore del liceo, ma anche alle due autrici del libro oltre che all'intera comunità scientifica del tempo e che il ciclo della fotosintesi sarebbe stato completato da un mio amico 34 anni più tardi. Non so a voi, ma a me vengono le vertigini.
Ora non cercherò di spiegare in dettaglio quello che è stato fatto, né quello che ha fatto Leonardo, ma almeno vorrei tentare di spiegare, con parole semplici, l'importanza della scoperta e quanto queste ricerche abbiano davvero spostato in avanti l'asticella che separa ciò che come umanità conosciamo da ciò che ancora non capiamo. Qui accanto inserisco una figura presa dal commento editoriale all'articolo di Leonardo, che è stato pubblicato il 3 maggio insieme ad un altro studio. In questa figura si vede un cerchio che rappresenta il ciclo della fotosintesi (notate la differenza con il mio libro di biologia). La reazione chimica della fotosintesi è quella riportata in basso: l'assorbimento della luce è utilizzato per scindere due molecole di acqua in modo da formare ossigeno molecolare (è questo il processo che permette di liberare ossigeno in atmosfera), 4 elettroni e 4 protoni, ovvero ioni positivi di idrogeno che poi è quello che viene utilizzato per la sintesi dell'ATP, ovvero la molecola che rappresenta un po' la moneta energetica di tutti gli organismi viventi: quasi tutti i processi biologici che richiedono energia richiedono ATP. In quel ciclo della fotosintesi c'erano ancora alcuni passaggi mancanti: si sapeva già che il calcio e il manganese giocavano un ruolo fondamentale, ma quegli archi rossi del ciclo (ingranditi sulla destra della figura) erano ancora poco chiari.
E' proprio qui che sono intervenute alcune tecniche sperimentali che non chiamerei neanche innovative, ma semplicemente di avanguardia, ovvero la cristallografia al femtosecondo mediante laser a elettroni liberi nel primo studio e la spettroscopia infrarossa a trasformata di Fourier nel secondo lavoro, a cui ha contribuito Leonardo con i suoi calcoli. Il metodo usato da Leonardo per questi calcoli è chiamato QM/MM, perché una parte del sistema viene studiata con la meccanica quantistica (QM) mediante la teoria del funzionale densità, mentre il resto è studiato con la meccanica classica o meccanica molecolare (MM). La meccanica quantistica è necessaria per due motivi: il primo è che nella fotosintesi avviene l'assorbimento di luce, un processo che è intrinsecamente quantistico; il secondo è che le molecole di acqua vengono distrutte per formare ossigeno molecolare, il che significa che è necessario rompere legami chimici e formarne di nuovi, tutti processi che non possono essere descritti accuratamente dalla meccanica classica. I calcoli di Leonardo hanno messo quindi in luce i meccanismi molecolari che regolano la formazione dell'ossigeno molecolare, chiarendo anche il ruolo del manganese: i metalli sono infatti importantissimi perché avvengano determinate reazioni chimiche con grande efficienza e sono anche molto difficili (o impossibili) da descrivere utilizzando la sola meccanica classica. I metalli da soli giustificano l'uso della meccanica quantistica e i calcoli dispendiosi di Leonardo che, naturalmente, sono eseguiti su supercalcolatori.
Per me però non c'è solo l'orgoglio di vedere un mio amico che risolve uno dei miei problemi del liceo e finisce sulla più prestigiosa rivista scientifica: no, c'è anche qualcosa in più. Perché lo studio di Leonardo è realizzato in collaborazione con il gruppo sperimentale che utilizza la spettroscopia infrarossa a trasformata di Fourier: non si tratta dunque di calcoli lasciati lì, ma confrontati con dati sperimentali. E' decisamente la strada più difficile, perché un supercalcolatore fa i calcoli, ma il numero di ipotesi di lavoro è talmente impressionante da far impallidire anche il più positivista degli scienziati. Non è affatto detto che i calcoli confermino i dati dell'esperimento, o che addirittura possano spiegarli. Tuttavia il livello che ha raggiunto la nostra capacità di simulare i processi a livello dei singoli atomi è ormai talmente alto da non temere neanche il confronto con gli esperimenti in biologia. Questo lavoro di Leonardo ne è la prova: non soltanto i suoi calcoli offrono un'interpretazione per i dati sperimentali del gruppo con cui ha scritto l'articolo, ma sembrano anche in sintonia con uno studio sperimentale indipendente, realizzato con una tecnica diversa, da un gruppo diverso. E' proprio in questo confronto costante con i dati sperimentali che credo ci sia davvero il futuro di questa parte della fisica. La fisica sta spiegando la biologia nei suoi processi elementari, in due modi: da un lato, i progressi nelle tecniche sperimentali (che sono tecniche fisiche, non dobbiamo dimenticarlo) stanno portando ad ottenere informazioni su scale di tempo e dimensioni talmente piccole da poter essere simulate sui nostri supercomputer; dall'altro, le teorie fisiche permettono di portare avanti calcoli numerici che descrivono le singole reazioni chimiche con un grado di affidabilità senza precedenti. E man mano, queste due incredibili avventure del genere umano si stanno venendo incontro e stanno facendo chiarezza su tantissimi processi biologici, come appunto la fotosintesi.
Ci si potrebbe domandare a cosa serva un tale livello di dettaglio nella comprensione di questo fenomeno: beh, l'evoluzione ha avuto miliardi di anni per trovare soluzioni ai problemi energetici, quelli che noi come specie stiamo invece affrontando da qualche decennio. Le soluzioni offerte dalla natura non sempre sono le più efficienti, ma sono decisamente le più pratiche e quelle che utilizzano i materiali maggiormente disponibili. Per questo, sono anche le più economiche. Comprendere la natura e come ha fatto a mantenere organismi viventi risolvendo i loro problemi energetici permette quindi di trovare con facilità alcune soluzioni già disponibili. E la fotosintesi è un processo energetico davvero pulito: utilizza acqua e luce producendo energia e ossigeno. Quell'energia viene anche usata dalle piante per fissare il carbonio, ovvero produrre zuccheri a partire dall'anidride carbonica: sì, proprio l'anidride carbonica prodotta dalle attività umane sulla Terra e che è maggiormente responsabile dell'effetto serra e dei cambiamenti climatici. Scusatemi se è poco.
Nessun commento:
Posta un commento