Nei giorni scorsi si è tenuto a Stoccolma il quattordicesimo congresso dell’Associazione delle Società Europee di Biofisica (European Biophysical Societies’ Association), o EBSA. Per me è stata la prima volta in assoluto, nonostante avessi partecipato più volte ai congressi della corrispondente Biophysical Society americana. Il fatto è che da pochi anni mi sono iscritto alla Società Italiana di Biofisica Pura e Applicata (SIBPA), mi ero ripromesso di partecipare al congresso del 2021 a Vienna, ma è caduto in piena pandemia e ho preferito evitare. C’era poi un’ulteriore motivazione: quest’anno ricorre anche il 50esimo della SIBPA che ha esattamente la mia età, per cui il congresso dell’EBSA avrebbe dedicato una sessione proprio alla biofisica in Italia. Infine, non ero mai stato in Svezia e per me ogni occasione è buona, in estate, per sfuggire alle temperature dell’area del Mediterraneo e rifugiarmi al nord. Il congresso non ha deluso le mie aspettative, anzi, come succede proprio in occasione delle migliori conferenze, sono tornato con un sacco di dubbi e un’unica certezza: ho ancora tantissimo da imparare. Il post di questo mese è quindi un po’ il mio blocco degli appunti, che ho deciso di condividere.
Le 32 Società di Biofisica in EBSA |
Parto dall’EBSA stessa: un organismo sovra-nazionale unico nel suo genere, formato dall’unione di ben 32 società di biofisica, non solo europee: l’unicità consiste anche nel fatto che di EBSA fanno parte Ucraina e Federazione Russa, ad esempio, così come Egitto, Turchia e Israele, mentre l’Iran è associato pur non facendo parte ancora ufficialmente di EBSA. Non è certamente facile mettere insieme tanti modi di pensare, con un’unica passione in comune, ovvero la biofisica. E non è sicuramente stato facile per gli organizzatori mettere insieme un programma ricco e interessante, cercando però anche di rappresentare un po’ tutte le anime all’interno di EBSA. Ecco, su questo punto ho notato una differenza sostanziale con i congressi della Biophysical Society americana: il ritmo a Stoccolma è stato davvero serrato con le prime relazioni che partivano alle 8:30 del mattino e andavano avanti con pochissime pause fino alle 18 del pomeriggio. Le pause erano brevissime anche perché era previsto anche il pranzo con dei lunch-box compostabili in pieno stile nordico che venivano distribuiti durante la brevissima pausa. Non che i congressi americani non abbiano questi ritmi, però il numero di sessioni parallele è talmente alto che si riesce anche a gestirsi un po’ il programma della giornata, andando a sentire magari soltanto le relazioni che più interessano su determinati argomenti.
Fine della poster session |
E’ pur vero che sono diversi i numeri: questa edizione di EBSA2023 ha visto più di 1000 partecipanti, mentre i numeri dei congressi annuali della Biophysical Society americana sono due, se non tre volte superiori. Aver superato però i 1000 partecipanti comporta anche una serie di problematiche che probabilmente finora non erano state affrontate: sono risultate infatti quasi drammatiche le sessioni di poster. Probabilmente gli organizzatori non si aspettavano un numero così alto di contributi in forma di poster: tuttavia non era possibile accontentare tutti con una comunicazione orale. Ora, in realtà i poster sono normalmente riservati ai partecipanti più giovani, ma questo vale per i congressi più piccoli. Per congressi così grandi, è invece abbastanza comune che ci siano anche persone meno giovani con i poster: e tra questi, c’ero anche io. La sessione poster consiste nel presentare un lavoro o un punto di vista attraverso appunto un poster in formato A0 che viene appeso a un pannello: chi lo presenta dedica in genere un paio d’ore a questa attività e resta vicino al poster, pronto a rispondere ad eventuali domande di qualcuno che passa di lì per caso o che ha deciso deliberatamente di presentarsi perché interessato/a a quel particolare studio. Non è per niente male, perché, a differenza della comunicazione orale che a volte dura 10-15 minuti con pochissimo tempo per le domande, il poster permette un vero e proprio dialogo con persone che sono realmente interessate allo studio. Qui però, a differenza delle sessioni poster americane, il problema era che non c’era un ordine nella presentazione dei poster e magari nella stessa zona si trovavano studi completamente diversi, con il risultato che bisognava davvero fare delle corse da una zona all’altra per riuscire a parlare con gli autori degli studi più interessanti per il mio campo. Inoltre, lo spazio tra un poster e l’altro era talmente esiguo che ci sono stati anche problemi di sovraffollamento e di cattiva qualità dell’aria per chi si trovava in zone meno arieggiate rispetto agli altri. Bene per l’alto numero di partecipanti, insomma, ma non benissimo perché l’alto numero di partecipanti ha reso quasi impossibile poter parlare con tutte le persone interessate.
Aula Magna dell'Università di Stoccolma |
Tuttavia, nelle lunghe passeggiate serali che il piovoso meteo di Stoccolma mi ha concesso, ho avuto modo di riflettere sui contributi ascoltati durante il giorno: la direzione che mi pare sia emersa molto chiaramente da questo congresso, almeno per quanto riguarda la biofisica computazionale, è proprio quella di un approccio sempre più integrato alla biologia. Infatti, i contributi più interessanti, quelli che davvero hanno tenuto la platea incollata alle sedie della bellissima Aula Magna dell’Università di Stoccolma, sono stati caratterizzati dall’impiego di un grandissimo numero di tecniche sperimentali e modelli teorico-computazionali. I contributi dei big della biofisica computazionale sono stati certamente interessanti, ma lo erano soprattutto in relazione alle collaborazioni che avevano creato con i gruppi sperimentali per riuscire a spiegare alcuni dati o alcuni processi biologici davvero complicati e affascinanti.
Una piccola delegazione italiana a EBSA2023 |
L’impressione è che anche quando pensiamo davvero di conoscere un sistema biologico, la biologia riesce sempre a sorprenderci con qualche bizzarria dell’evoluzione che non procede ottimizzando le risorse, ma semplicemente finché funziona. E noi, con questo eterno desiderio di voler spiegare tutto, siamo costantemente umiliati di fronte a qualcosa di inatteso o che sembra contraddire alcune generalizzazioni che diamo per scontate. Sembrerebbe un campo estremamente frustrante, ma per me non lo è: anzi, mi piace forse proprio per questo, perché è un campo in cui qualunque tipo di ego subisce un bel ridimensionamento. Insomma, la biologia ti umilia, ma non riesci a farne a meno, un po’ come nella sindrome di Stoccolma le vittime di un sequestro o di un abuso ripetuto cominciano a nutrire sentimenti positivi verso il proprio aguzzino, che possono arrivare persino all’innamoramento. Ma non c’è solo la sindrome di Stoccolma: si tratta anche di un campo in cui tutte le competenze sono richieste. Nessuno può capire di biologia, chimica organica, biochimica, fisica e informatica allo stesso tempo, quindi è necessario interagire, parlarsi, capire la lingua degli altri. E quale miglior piattaforma di una in cui anche le differenze culturali si trovano a confronto? EBSA, appunto. E ora, arrivederci alla prossima edizione che si terrà proprio nel nostro Paese, a Roma, nel 2025!
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